lunedì 4 gennaio 2010

ARABIA SAUDITA.

PIGRIZIA ISTITUZIONALIZZATA.

I segni della globalizzazione sono evidenti: nella via dei ristoranti non troverete soltanto piatti yemeniti, come la crema al gusto di qat, ma anche i kebab e i falafel libanesi.
Si possono assaggiare anche i piatti piccanti tailandesi, minestre cinesi e il curry indopakistano.
Il mercato del pesce è dominato dai venditori bangladesi, mentre i loro prodotti arrivano dal mar Rosso, dalle coste yemenite o da quelle dell'Oman.
A differenza delle città egiziane o libanesi, dove si può entrare per caso in un caffè sicuri d'incontrare degli amici, Abha non ha una vita sociale caratterizzata dall'accoglienza.
I rapporti sociali sono molto formali, per colpa di una pigrizia istituzionalizzata: per prendere un appuntamento con un amico bisogna muoversi con almeno una settimana di anticipo.
Un tempo c'era il villaggio artistico, un quartiere pieno di botteghe di artigiani e di edifici storici.
Oggi i palazzi sono più moderni e i caffè dall'atmosfera familiare stanno scomparendo.
Infatti è in un modernissimo bar, L'Hyper cafè, che incontro il poeta di origine palestinese Achraf Fayad.
E' nato ad Abha e mi parla a lungo della città.
Insieme andiamo a esplorare le montagne dell'Asir, su strade sinuose che scendono lungo ripidi pendii, mettendo a dura prova i freni delle auto lo stomaco dei passeggeri.
Visitiamo una vecchia fortezza ottomana, costruita in cima a una montagna che domina una vallata profonda quando una gola dell'inferno.

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