mercoledì 20 gennaio 2010

KOSOVO.

"CONOSCO IL PROPRIETARIO dell'autolavaggio, gira con una Maybach (un'auto di lusso tedesca).
Io ho una fabbrica di mobili e duecento dipendenti, mentre lui ha solo un autolavaggio", mi racconta Megrim.
Continuo a non capire.
"L'autolavaggio ricicla denaro sporco e il fisco vuole sapere come ha fatto a guadagnare un milione di dollari.
Ogni volta il proprietario risponde che si è ammazzato di lavoro lavando mezzo milione di auto.
Tutti sanno che non è vero, ma da queste parti le cose vanno così".
Come molti altri suoi connazionali, Megrim è partito dal Kosovo per la Germania nel 1999, durante il periodo più aspro del conflitto.
E qualche anno più tardi è tornato per mettersi in affari.
"Il mondo non sa nulla del Kosovo", mi spiega un amico ingegnere.
"Sapete solo in che anno c'è stata la guerra e dove trovarlo in una carta geografica.
Credete a tutto quello che vi dicono.
Pensate che qui ci siano in continuazione attentati e che le donne siano vestite come in Afganistan.
In realtà è un paese simile al resto dell'Europa, solo un po' più povero".
Poi abbiamo parlato degli automobilisti kosovari.
Al contrario di quello che si racconta, guidano in modo relativamente prudente.
"Perchè quando c'erano i serbi la polizia frustava gli automobilisti indisciplinati in piazza.
Alcuni venivano addirittura fucilati".
Silenzio.
Poi il mio amico scoppia a ridere.
"Lo vedi, credi a tutto quello che ti si dice".
Quelli che come Megrim hanno avuto successo all'estero, non esitano a investire in Kosovo.
L'albergo Begolli, dove ho alloggiato a Pristina, è un esempio.
C'è una jacuzzi in ogni camera, ma l'arredamento è in finto stile Luigi Sedicesimo.
Il fatto che non ci sia acqua o che le sedie traballino non ha importanza.

Nessun commento:

Posta un commento