venerdì 22 gennaio 2010

BERLINO - ASTANA (IN TRENO).

LA CAPITALE DELLA STEPPA.

"A bordo del treno D 1249, che da Berlino arriva fino ad Astana, in Kazakistan.
Quattromila chilometri attraverso quattro fusi orari".

Gli uomini in uniforme arrivano sempre nel cuore della notte.
Ogni volta mi sveglio sotto la luce accecante di un neon.
Sono le 3.20 del mattino di domenica, e siamo alla frontiera tra la Polonia e la Bielorussia.
Raya, che controlla i biglietti, apre la porta del mio scompartimento e urla: "Wstawaj".
Lo interpreto come un invito ad alzarmi.
I doganieri mi chiedono di aprire la valigia.
Mi alzo, in mutande e con le palpebre gonfie di sonno.
Dopo una rapida ispezione dei bagagli, i doganieri spariscono con il mio passaporto.
Me lo restituiranno dopo averci messo dei timbri di tutti i colori.
Bisognerà aspettare ancora due ore prima che il treno riparta.
Raya spegne il neon e nel vagone ritorna la calma, almeno per stanotte.
Sarò tirato giù dal letto molte altre volte dagli uomini in uniforme: c'è ancora tanta strada da fare per il Kazakistan.
Sono a bordo del D 1249.
Questa sigla nasconde un convoglio molto particolare: di tutti i treni che partono dalla Germania, è quello che percorre più chilometri.
Ogni sabato il D 1249 lascia Berlino per raggiungere Astana, la capitale del Kazakistan.
Durata del viaggio: novantotto ore e cinquantasei minuti.
Un tragitto di più di quattromila chilometri, che attraversa quattro fusi orari prima di arrivare nelle steppe dell'Asia centrale.
Alle tre del pomeriggio, nella stazione berlinese, Astana sembra ancora in capo al mondo.
Sul binario alcune donne anziane, avvolte da lunghi mantelli, aspettano la partenza del treno.
Gli uomini fumano circondati dalle valigie e dai sacchetti del supermercato Lidl.
Non riuscendo a trovare il numero delle carrozze, salgono sul primo vagone.
Trascinando un grosso zaino e una valigia, cerco di farmi strada nello stretto corridoio.
"Dov'è la carrozza 261, scompartimento 2?", chiedo in tedesco.
Nessuno mi capisce.
Siamo ancora a Berlino, ma per comunicare si usa già il russo.
C'è qualcuno che può aiutarmi? Niet.
Raya è l'unica che sappia cosa cerco: è una signora anziana, grassoccia, con i lineamenti sottili e gli occhi penetranti.
E' l'addetta al vagone dei passeggeri diretti ad Astana.
I russi la chiamano "la mamma del vagone" : vigila su di noi e sveglia i passeggeri quando salgono sul treno i doganieri.
Inoltre offre del tè a chi ha sete.
Mi mostra lo scompartimento di cinque metri quadrati dove vivrò nei prossimi cinque giorni.
Ha tre letti, ma durante il tragitto nessun altro viaggiatore verrà a tenermi compagnia.
Evidentemente questo treno non attira folle di passeggeri.
L'arredamento sa di vecchio.
Tende bianche ai finestrini e tappetino blu sul pavimento.
Sotto l'armadio della toilette c'è un piccolo lavandino, coperto da un ripiano pieghevole.
Sui treni russi è ancora permesso fumare.
Una scatoletta di metallo appesa alla porta del vagone fa da portacenere.
Sabrina, originaria di Chemnitz, è un'habitué di questo treno.
E' cresciuta ad Astana, la meta del mio viaggio.
Ma questa volta scende a Saratov, in Russia.
Va al matrimonio di un cugino.

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