lunedì 7 dicembre 2009

SUDAFRICA ("CITTA' DEL CAPO" - "DAR ES SALAAM" IN TRENO).

ACCOLTI DALLA BANDA.

Per la prima volta in questo viaggio entriamo in contatto con l'altro lato dell'Africa.
Un venditore ambulante riesce ad agguantarmi.
Mi porge la sua giraffa e dice: "Intagliata a mano, molto bella, Mister".
"Non ho soldi", rispondo, e davvero non ne ho con me perchè nei viaggi Rovos Rail è tutto incluso.
Trovo una saponetta e gliela regalo.
Lui ricambia con una banconota priva di valore: cinque miliardi di dollari dello Zimbabwe.
"Ancora sapone!", mi grida.
Io mi richiudo alle spalle lo sportello del treno e mi rintano nella mia cabina.
Oltre il ponte c'è lo Zambia, un paese che ricorda l'Africa delle cartoline: capanne rotonde di argilla con il tetto di paglia e donne che tengono brocche in equilibrio sulla testa.
Poi arrivano gli scossoni che ci aveva annunciato Rohan Vos.
I binari hanno cent'anni e il nostro treno vibra, cigola e beccheggia.
La passeggiata fino al vagone ristorante diventa un percorso a ostacoli.
Ognuno sviluppa la sua tecnica.
La mia vicina di scompartimento punta sul jogging.
Io procedo a gambe divaricate in stile cowboy.
A questo punto sono riuscito ad assaggiare tutti e ventitrè i vini della carta.
I piatti non sono più deliziosi come all'inizio, forse perchè è da Pretoria che viviamo di cibi conservati.
Sono sicuro che lo chef si è inventato la ricetta dell'insalata di carciofi e mandarini mentre passava in rassegna le sue scorte.
Ormai ho un commensale fisso: un ex produttore di cinture.
Ogni tanto mi guarda e pronuncia frasi come "Sono tutti staccati".
Allora guardo fuori e mi accorgo che i pali dell'elettricità lungo i binari non sono più collegati.
Qualcuno ha rubato i cavi, per centinaia di chilometri.
Al tavolo accanto sono tutti indignati a causa dello svizzero: a quanto pare ha lanciato soldi dalla carrozza panoramica ad alcuni bambini.
Sarà scoppiata una rissa.
Questa carrozza è il nostro punto di contatto con l'Africa.
Arriviamo in Tanzania.
I binari sono di nuovo buoni perchè li hanno sostituiti i cinesi negli anni settanta, assicurandosi con questo progetto di aiuto allo sviluppo l'accesso al rame zambiano.
Il panorama si prepara al gran finale.
Attraversiamo valli profonde percorse da fiumi di fango.
Le colline traboccano di banani, palme da cocco, papaie e baobab.
Il nostro treno si inoltra nel cuore della giungla serpeggiando come un lungo drago.Al nostro ingresso a Dar es Salaam siamo accolti come alti dignitari da un concerto di strumenti a fiato.
Ci salutiamo ognuno alla sua maniera: l'anziana signora della Royal suite ha lo sguardo impassibile come sempre, ma si asciuga gli occhi.
Il mio commensale vuole riprendere il treno per tornare a Città del Capo: "Ora i finestrini degli scompartimenti affecceranno sull'altro lato".
L'idea non mi convince: certe cose è meglio vederle solo per metà.

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