giovedì 24 dicembre 2009

BOTSWANA (DELTA DELL' "OKAVANGO").

PARTICOLARI SILENZIOSI.

I pochi turisti che visitano Xudum hanno a disposizione migliaia di chilometri quadrati dove accamparsi.
Anch'io comincio il safari di notte, l'ora delle streghe e dei predatori.
La mia guida, Mogale, si sporge dal sedile per guardare le impronte sulla sabbia: "Leopardo", sentenzia.
"Da questa parte".
Sento aumentare le pulsazioni.
Seguiamo il leopardo.
Quando le tracce si allontanano dalla strada voltiamo anche noi.
Mogale illumina gli animali con una lampada: civette dagli occhi sbarrati, qualche sciacallo e le pupille rosse delle lepri che sfrecciano nell'erba.
Perlustriamo la zona fino alle tre di notte, ma non riusciamo a trovare il leopardo.
L'escursione è comunque molto eccitante.
Non conta tanto quello che succede, ma l'attesa di ciò che potrebbe succedere.
Sulla via del ritorno, un branco di iene maculate compare davanti ai fari dell'auto.
Una si volta per guardarci, poi gira la testa e ulula.
Da Xudum mi sposto in aereo a Maun: terra di organizzatori di safari, piloti di aerei da turismo, cercatori di diamanti e truffatori.
E' una città dove o ti porti dietro un bel po' di pula (la moneta locale) oppure ti ritrovi subito al verde.
L'atmosfera pionieristica e spietata mi fa venir voglia di trasferirmi subito qui.
Mi dirigo in auto verso sud, su una strada asfaltata dritta e quasi vuota.
La vegetazione è fatta di tozze acacie erioloba e meli del Kalahari, di nuovo verdi in attesa della pioggia.
Ogni tanto incontro dei camion rumorosi, che passando sollevano un polverone.
Capre e mucche si trascinano lungo la strada.
Come per magia compare una nuvola.
Seguo il corso del fiume Boteti, un altro nome dell'Okavango.
In quest'area il fiume è stato in secca per più di dieci anni.
Le acque scorrono per chilometri oltre Maun.
Sento chiacchierare gli allevatori di bestiame che vivono sulle banchine.

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