lunedì 14 dicembre 2009

COLOMBIA ("BOGOTA' ").

UN POPOLO FELICE.

I venti gelidi e il cielo cangiante danno un aspetto particolare a Bogotà, una pesantezza e un isolamento che la rendono diversa dalle altre città della costa nord, o dall'immagine che vorrebbe dare di sè, fatta di teatri, musica rock e festival di letteratura.
Qui si trova la splendida struttura di proprietà del Banco de la Republica, nella zona di candelaria, dove è possibile godersi cinque musei a ingresso gratuito.
Mentre giovani acrobati e mangiatori di fuoco si esibiscono al semaforo chiedendo qualche moneta ai proprietari delle Bmw diretti verso qualche locale alla moda.
E qui si trova anche l'Iglesia del Divino Nino, dove guerriglieri, bambini, abitanti della provincia e anche alcuni abitanti della zona più ricca della città si ritrovano a suonare e a cantare le loro preghiere sotto la pioggia.
Qualche anno fa una ragazza mi ha detto che i colombiani erano il popolo più felice del mondo.
"Abbiamo i guerriglieri, i narcotrafficanti, e siamo felici".
Lasciando a me il compito di capire se la loro usanza di far festa ogni notte fosse un modo per sfuggire alla depressione o per tentare di trsformare la realtà che li circonda.
Il mio ultimo giorno in città, su una stradina in salita che portava verso degli enormi palazzi (in alcune parti della città le colline sono coperte dalle baraccopoli, in altre da splendidi edifici), mi sono ricordato delle parole di una giovane guida: "Tutti i ricchi vivono in alto, nei loro "condoms".
"Come scusi?", ho chiesto ripensando all'albergo che aveva i preservativi nel bagno.
"I loro "condoms", ha ripetuto, "i loro appartamenti".
"Vuoi dire "codos", condomìni?".
"Ah, giusto", ha risposto la ragazza tropicale.
Ha sorriso ed è arrossita.
A Bogotà la confusione è un elemento emblematico.
Non è mai chiaro quando stai parlando dei profilattici o del piacere sessuale.
Forse in questa città la protezione è la forma d'arte più importante.

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