mercoledì 2 dicembre 2009

MADAGASCAR "MILLE KM. DI STRADA.

SULLE COLLINE spuntano dei gruppi di case: sei, otto, dieci.
Mattoni ocra, rosa o rossastri, color terra, e tetti di paglia.
Le case sono a due piani.
Giù ci sono gli animali e al primo piano si dorme su delle stuoie.
Per raggiungere il secondo piano bisogna salire una scala a pioli: lì c'è la cucina, con un fuoco al centro del pavimento.
L'architettura tradizionale delle etnie merina e betsileo è restata intatta in tutta la sua bellezza.
Le case più belle, come quelle dei commercianti di Ambalavao, celebre per il mercato degli zebù, hanno una loggia e balaustre con festoni e intagli nel legno.
Qui la modernità e le sue contraddizioni sono sconosciute.
Attraversando i villaggi salta agli occhi l'assenza di radio o di qualsiasi altro strumento che riproduca dei suoni.
E' silenziosa perfino Behenjy, dove su un tratto di strada lungo trecento metri sono allineati i "bona", trattorie a menu fisso che per un euro servono un piatto di riso all'anatra e un bicchiere di latte.
Ogni villaggio ha la sua specialità: cesti di rafia, statuette dedicate alla Madonna, oggetti di legno o pentole di alluminio.
Ambositra, a 90 chilometri dalla capitale, è il punto d'ingresso alla terra dei betsileo, ed è famosa per la qualità dei suoi artigiani: falegnami, ebanisti, scultori e, in generale, maestri dell'arte di arrangiarsi.
Nel suo atelier di fortuna Georges, il più esperto, è orgoglioso della sua sega, che fa meraviglie tagliando i piccoli tasselli d'ebano, palissandro, acacia e legno di rosa usati per gli intarsi.
"Il filo di ferro, molto sottile, l'ho preso da un pneumatico", precisa.
"Ho tagliato i denti al bulino e ho usato la molla di un materasso".
Dopo Ambalavao comincia la savana.
La foresta che copriva il cuore dell'isola è stata devastata dagli incendi, appiccati per migliorare la fertilità dei campi e ricavare della legna per uso domestico.
All'orrizzonte si staglia l'imponente roccia conica di Ifandana, chiamata il Cappello del vescovo.
E' la porta del sud, l'ingresso alla terra dei bara, gli allevatori di zebù.
Ogni clan ha il suo villaggio, la sua mandria e vive in autarchia coltivando manioca, canna da zucchero, mais e riso.

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