lunedì 14 dicembre 2009

COLOMBIA ("BOGOTA').

LE CITTA' DI CALI E MEDELLIN seguono quasi sempre la parola "cartello di" e le Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc) tengono ancora in ostaggio 700 persone, nonostante la spettacolare liberazione di Ingrid Betancourt e di altri 14 prigionieri nel luglio 2008.
Eppure un inglese che ha vissuto in città per 18 anni mi ha detto che Bogotà è in realtà una roccaforte democratica che guarda con benevolenza agli Stati Uniti.
La più antica democrazia dell'America Latina che sopravvive mentre il resto del continente svolta a sinistra.
"Qui ci sentiamo protetti", mi ha detto.
"Protetti dalle montagne.
Questa città è davvero una fortezza.
Soprattutto per la sua mentalità.
Molti venezuelani vengono qui perchè è un luogo sicuro e stabile, in confronto ai paesi vicini".
Quelle montagne, sempre avvolte dalla foschia e in grado di lanciare un incantesimo malinconico e decadente sui sette milioni di abitanti della città, sembrano saltare fuori in tutte le conversazioni.
Ogni giorno a Bogotà piove e fa un freddo penetrante, nonostante la protezione delle cime che la circondano (la città si trova a 2600 metri d'altezza e i monti s'innalzano per altri cinquecento metri).
Paragonata alle capitali piene di piazze e di sole del resto dell'America Latina, Bogotà appare chiusa in se stessa, preoccupata e infreddolita, come lo ero io quando sono arrivato.
Ricordo che mentre tremavo nella mia camera, anche se avevo addosso un mucchio di coperte, un fattorino dell'albergo si è presentato alla porta e mi ha detto: "Se ha bisogno di un condizionatore posso procurargliene uno".

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