giovedì 26 novembre 2009

TURCHIA "ALTA MESOPOTAMIA".

DIVINITA' E RE.

In questa regione calda e arida l'acqua è sinonimo di potere.
Sul ponte di Malabadi, il gemello meno noto di quello di Mostar, c'è una rudimentale casa da tè.
Ha una magnifica vista che guarda verso la più ampia arcata mai costruita tra quelle dei ponti in pietra.
L'edificio, un capolavoro di elegante funzionalità, fu costruito nel 1147 dagli artuqidi.
All'epoca aveva anche delle stanze in cui ospitare i viaggiatori.
Alle spalle della casa si staglia una diga enorme.
Le dighe stanno ridisegnando la storia di tutta l'alta Mesopotamia.
Il progetto Gap, finanziato dall'Unione europea, prevede una serie di circa 40 sbarramenti sul Tigri,L'Eufrate e i loro affluenti.
Una buona idea a prima vista: accrescere la potenza idroelettrica a prezzi contenuti, irrigare terreni un tempo non coltivabili e trasformare l'area nel granaio del Medio Oriente.
Ma a causa del progetto Gap il nucleo abitativo romano di Zeugma è ormai sommerso dall'acqua, anche se un intervento archeologico d'emergenza ha messo in salvo i mosaici più incantevoli (che ora si stanno riducendo in polvere nel museo di Gaziantep).
Zeugma sorgeva su un sito molto più antico, i cui segreti saranno ora sepolti per sempre.
Ben presto toccherà anche ad Hasankeyf.
Le acque del Tigri lambiscono l'antica città e i lavori per costruire la diga cominceranno l'anno prossimo.
L'acqua sommergerà i minareti più alti.
La popolazione di Midyat, nei pressi del confine con l'Iraq, è in maggioranza cristiana giacobita.
I suoi abitanti sono artigiani della filigrana d'argento fin dal terzo secolo dC. Fuori Midyat c'è Mor Gabriel, un monastero costruito nel 297, probabilmente il più antico del mondo.
In questa zona c'è anche il monastero di Deyrulzafaran.
Dopo avere arrancato per centinaia di gradini a una temperatura di 46 gradi, sulla porta di Deyrulzafaran incontro il metropolita che indossa una tonaca rossa e un copricapo nero.
Ha vissuto 65 dei suoi 70 anni all'interno del monastero e non parla nè turco nè inglese.
La chiesa giacobina usa l'amaraico, la lingua parlata da Gesù.
Nelle strade di Midyat e nella vicina Mardin è facile sentire anche il curdo, il turco o l'arabo.
L'uomo mi mostra la cappella dove sarà sepolto, come i predecessori.
Le piantagioni di pistacchi lasciano il posto al deserto argilloso e alle colline.
Alle loro pendici sorge la città di Mardin.
Dalle sue strade disordinate si possono ammirare le polverose pianure siriane.
Nell'aria il suono di lingue antiche si mischia all'odore della carne d'agnello alla brace: i kebab di Mardin sono delizie bibliche, servite su cuscini di "lavash", il tipico pane armeno color nocciola.
Da Rido, un locale ricavato da una cavità delle mura della città, assaggio il kebab con una insalata di cipolle, prezzemolo e sumac, una spezia rossiccia.
Immagino che anche Gesù abbia mangiato questo piatto, sempre che non fosse vegetariano.

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