giovedì 19 novembre 2009

NEW ORLEANS.

Da MIMI'S in the MARIGNY,
un bar con menu a base di tapas e una buona selezione di vini e liquori, si possono ascoltare dj e gruppi che suonano dal vivo.
Quella sera abbiamo avuto la fortuna di trovare sul palco un celebre artista rhythm and blues, Guitar Lightnin' Lee.
La nostra idea era di dedicarci all'arte solo il giorno dopo, quando avremmo visitato alcuni eventi della biennale, ma arrivati di fronte alla casa-galleria d'arte di David Baron ci siamo concessi un tour fuori orario.
David, un newyorchese eccentrico, sembrava molto più in sintonia con gli ambienti languidi di New Orleans che con l'atmosfera della sua città originaria.
Ci ha accolto in vestaglia di seta, foulard e pantofole, mostrandoci volentieri la collezione di oggetti d'arte haitiana che tappezzava le pareti.
Dopo questo fuori programma notturno nel mondo dell'arte, siamo partiti alla ricerca di un ultimo cocktail.
La mattina dopo non sapevo cosa avrei provato visitando il Lower ninth ward, il quartiere devastato dall'uragano, che ospita buona parte delle esposizioni.
Gli edifici deserti hanno ancora i segni tracciati dai soccorritori per indicare i cadaveri.
Le verande, affacciate su terreni abbandonati, sono tutto ciò che resta di quelle case.
Eppure è incoraggiante sapere che almeno alcuni dei residenti sono tornati.
Molti artisti coinvolti nella biennale si sono lasciati ispirare proprio da queste strade.
"Gli artisti collaborano con la comunità, discutono con i loro vicini", ha spiegato Cameron.
"Il progetto di Brad Pitt (il piano di edilizia ecologica Make it right) sorgerà proprio in fondo alla stada.
Rientra tutto in una serie di progetti per rilanciare la città e il fatto che anche l'arte abbia il suo spazio è molto importante.
Qui un quadro può assumere una dimensione totalmente nuova".

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