giovedì 5 novembre 2009

THAILANDIA (Villaggio western di Pensuk).

ARRIVO A PENSUK nel tardo pomeriggio.
Sembra di stare sul set di uno spaghetti western, con saloon da entrambi i lati della strada.
Nella mia stanza quasi tutte le superfici sono coperte da murales, dai colori psichedelici che raffigurano montagne dalle cime piatte.
Perfino il bagno ha un tratto western: sul coperchio del water è dipinta una testa di cavallo che mi fissa dritto negli occhi.
Nelle due ore seguenti visito il villaggio, passando attraverso pascoli ondulati e terreni pieni di palme di cocco, gigantesche felci primitive e piccoli cespugli.
I cavalli si radunano nelle poche zone d'ombra per sfuggire al caldo opprimente.
Alcuni bambini tailandesi si rincorrono intorno a una tenda indiana, mentre i genitori guardano all'interno e scattano delle foto.
Mentre i turisti mettono alla prova la loro mira con arco e frecce, il personale del villaggio arrostisce un maiale allo spiedo.
Una banda di musicisti, con cappelli da cowboy e camicie di flanella, esegue una versione thai di "Imagine".
In un angolo un pavone solitario fa la ruota mostrando i suoi colori, mentre un dipendente del ranch tiene le briglie di un cavallo montato da un ragazzino con un grande cappello.
Il giorno dopo mi alzo presto, quando le luci dell'alba filtrano dalla finestra della mia stanza.
Esco dal villaggio mentre gli altri ospiti ancora dormono.
Nei campi lì intorno ci sono molti templi in rovina, dove le persone lasciano ricche offerte di frutti.
Mi tornano in mente le profonde radici buddiste della zona e degli altri luoghi di culto che ho visitato nei miei viaggi precedenti.
In alcune parti del sudest asiatico il restauro dei monumenti buddisti ha creato strutture alla Disneyland.
La Thailandia nordorientale, invece, è diversa.
Proprio come come gli aspri paesaggi e i volti grinzosi dei cowboy, anche le rovine sembrano voler resistere.
Le pietre sono tagliate in modo perfetto, schiarite dal sole cocente e levigate dai monsoni e dai passi dei monaci che le hanno calcate per secoli.
Tornato al villaggio, faccio un'abbondante colazione a base di carne e mi dirigo verso la vicina fattoria Chokchai.
Con i suoi oltre tremila ettari di pascoli selvaggi e di campi di girasoli, è la più grande azienda casearia della zona.

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