martedì 3 novembre 2009

BURKINA FASO (a "Bani")

VIAGGIO ORMAI DA PIU' DI DUE MESI,in giro per l'Africa occidentale.
Sono stato lasciato qui da uno di quegli autobus tipici della savana, traballanti e sovraccarichi, che collegano Ougadougou a Gorom-Gorom, la "capitale del Sahel" dove c'è il mercato per lo scambio degli zebù.
L'autobus ferma nei dintorni di Bani appena qualche minuto, solo se qualcuno deve scendere.
Giusto il tempo perchè le donne del villaggio raggiungano il pullman, sperando di vendere ai passeggeri qualche dolce di pasta, e per dare tempo a quelli che lasciano questa terra povera di salire.
Perchè dovrebbe fermarsi di più?
A Bani non c'è niente, neanche l'acqua.
Solo un piccolo stagno in ricordo dell'ultima stagione delle piogge.
Qui non c'è né il telefono né l'elettricità e nemmeno medicine.
Anche la birra arriva con il contagocce, trasportata in bicicletta per alcuni chilometri da un villaggio poco distante.
Ci sono solo le moschee, che cadono in rovina per mancanza di fondi, e le capre che si nutrono di miseri avanzi.
E poi ovviamente ci sono gli abitanti.
Sull'altopiano a strapiombo sul villaggio i ragazzi passano il tempo all'ombra dei vecchi muri delle moschee.
Due di loro danno la caccia a un topo.
Lo cuociono su un fuoco improvvisato e ci propongono di assaggiarlo.
A Bani la carne scarseggia.
Qui abitano i peul, allevatori di zebù, un tempo nomadi e oggi sedentari.
Nelle pianure circostanti vagano libere le loro mandrie, sorprendentemente in carne nonostante la poca erba che spunta in un mare di sabbia.
Ma gli zebù non si toccano.
Valgono molto.
Ne viene ucciso solo uno nei giorni di festa e la carne si divide tra tutte le famiglie.
Altrimenti, per rendere più saporito il pasto quotidiano, si usa un po' di grasso di montone unito al riso, con i cavoli, o con il tò, una pasta di miglio ricoperta da una salsa appiccicosa.
Nessuna attrattiva per i turisti.
Quando passano da qui sulle loro 4 x 4 si fermano solo per qualche minuto, il tempo di fotografare la grande moschea.
Poi ripartono, inseguiti dalle donne che cercano di vendere ventagli di vimini e dai ragazzini che chiedono pochi centesimi di euro, un "bidon" (una bottiglia di plastica) o un "biki" (una penna a sfera).
Siamo in pochi a esserci iscritti sul grande registro dalle pagine ingiallite tenuto dall'unico poliziotto del villaggio.
Nella sua piccola casa fatta di terra, il poliziotto è solo e ha un'uniforme approssimativa.
Il suo unico compito è ricordare che anche qui si dovrebbero applicare le leggi dello stato burkinabé.
C'è anche una cella, chiusa da una pesante porta di legno, dov'è rinchiuso un uomo.
Perchè?
E fino a quando?

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