martedì 3 novembre 2009

BURKINA FASO (a "Bani" tra le otto moschee di fango).

IL CUORE DEL SAHEL.

A Bani tutto è giallo: la sabbia, le case di terra e i pochi ciuffi d'erba contesi dagli zebù.
E' gialla anche la strada dove jeep, camion e autobus, che qui si fermano raramente, sollevano nuvole di polvere.
Bani è gialla, arida e povera.
Ma è santa.
O, meglio, è abitata da un santo.
La leggenda dice che da bambino El Hadj Mohamed spiegava il corano ai marabutti.
Dopo essere andato volontariamente in esilio nella savana è tornato per insegnare la parola di Dio.
Dai paesi vicini, dal Niger, dal Mali, i fedeli sono accorsi in questo piccolo villaggio a nord del Burkina Faso, nel centro del Sahel, e su suo ordine hanno costruito le moschee che lui aveva visto in sogno.
Gli edifici sono stati costruiti senza seguire alcun progetto, ma solo grazie alle indicazioni di El Hadj Mohamed.
Si tratta di otto moschee fatte di banco, una miscela di fango e paglia tipica del Sahel.
Viste dal cielo, con l'occhio di Allah, rappresentano un uomo inginocchiato in preghiera.
Otto moschee per quattromila abitanti.
Siamo arrivati qui quasi per caso, affidandoci a un dépliant affisso nel malandato ostello della gioventù di Ouagadougou.
Durante la nostra permanenza non siamo mai riusciti a vedere El Hadj Mohamed.
Abbiamo visto solo suo figlio, Souabou, che gestisce l'hotel Fofo, ("grazie" in lingua pular) fatto di case di banco con il tetto di lamiera.
Le condizioni sono spartane: per lavarsi si usa la quantità d'acqua contenuta in un secchio o in una scatola metallica.
Non di più, perchè l'acqua è preziosa.
Durante il giorno anche l'ombra è preziosa, perchè il caldo è quasi insopportabile.
Di notte in cielo ci sono molte più stelle di quante ne abbia mai viste.

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