lunedì 16 novembre 2009

CILE (SAN PEDRO, DESERTO DI ATACAMA).

DOSE DI OSSIGENO.

Una visita all'Atacama non sarebbe completa senza una spedizione ai geyser di El Tatio, uno dei campi geotermici più alti del mondo.
L'esperienza non è per i deboli di cuore.
La rapida e accidentata salita a più di 4.000 metri a bordo di una vecchia auto può facilmente far venire il mal d'altitudine.
Si dice che masticando alcune piante locali la nausea passi.
Io, invece, per sentirmi meglio ho bisogno di una buona dose di ossigeno che, per fortuna, fa parte dell'equipaggiamento della guida.
Il viaggio di tre ore da San Pedro a El Tatio vale comunque tutti questi disagi.
Al buio la vallata è piena di geyser che sparano in alto nuvole d'acqua e vapore.
Cerchiamo di scongelarci nell'aria gelida del mattino mettendoci vicino a una piccola fenditura nel terreno, che ci impregna i vestiti e i capelli di un umido vapore sulfureo.
Uno dei geyser è soprannominato "il Geyser svizzero" perchè erutta puntualmente a intervalli regolari.
Un altro, conosciuto come "Killer", va guardato a distanza di sicurezza perchè con le sue eruzioni di liquido bollente ha già fatto alcune vittime.
Improvvisamente l'atmosfera spettrale dello scenario si dirada.
Il sole si affaccia sulle cime andine ricoperte di neve, inondando la valle di una luce rosea.
Se le ore che precedono l'alba sono il momento ideale per visitare i geyser, il tramonto è perfetto per la valle della Luna.
Non c'è nulla che prepari alla visione.
Circa 14 chilometri a ovest di San Pedro, una catena di montagne rosse dalla forma strana, disposte intorno a una distesa salina, lascia a bocca aperta la maggior parte dei visitatori.
Tra le composizioni più bizzarre create dall'erosione del vento c'è un trittico chiamato le tre Marie.
Si calcola che queste tre figure rossastre ricoperte di incrostazioni saline abbiano un milione di anni.
Sullo sfondo, un grande cratere aperto, intagliato dagli elementi, forma un anfiteatro sbilenco.
Il crepitio del sale sotto i piedi e i resti delle case in muratura dei minatori sono un ricordo delle antiche attività estrattive in quella che oggi è una riserva naturale.
Un'arrampicata su un'alta duna vicina offre un notevole panorama rosso e ocra, coronato dalla cima bianca della cordigliera Domeyko, che si innalza a più di 4.000 metri sul livello del mare.
Non è un'esperienza intima.
La veglia al tramonto è diventata meta di pellegrinaggio, e le persone che si inerpicano lungo la costa scoscesa della duna formano una serie di sagome nere contro la luce che muore.
Malgrado il numero degli spettatori c'è un silenzio sorprendente, rotto soltanto dall'esile suono dei flauti andini che qualcuno si è portato dietro.
Gli ultimi lampi di rosa investono i monti e finalmente la luna si riprende la vallata.


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