venerdì 14 agosto 2009

MOZAMBICO.
IL RITORNO DI NOE'.

Un ragazzino scalzo come tanti altri.
Una palla fatta di stracci.
La terra rossa che si attacca alla pelle.
Una scuola allestita in una capanna di canne, dove i banchi sono fatti con i mattoni presi da una casa coloniale.
I pali di due porte da calcio su un terreno irregolare in cima alla montagna.
Gli uomini si riposano all'ombra di un albero centenario, mentre le donne si sfiancano lavorando nella "machamba", un piccolo terreno coltivato come orto.
Improvvisamente il ventunesimo secolo fa irruzione dal cielo in questo luogo remoto: Nhancucu, provincia di Sofala, nell'entroterra del Mozambico.
Un villaggio dove si parla poco il portoghese e si usano di più il sena o il chirongosi, due delle tante lingue diffuse tra le ventidue etnie mozambicane.
Quì atterra l'elicottero che trasporta il miliardario statunitense Greg Carr, considerato il genio dell'informatica.
Carr ha abbandonato tutto per investire la sua fortuna nel recupero della riserva di Gorongosa.
Un ragazzo gli tende la mano e pronuncia un inatteso "Good morning, sir, how are you?.
Carr è sbalordito: non si aspettava di sentir parlare la sua lingua da queste parti.
Tonga Torcida, che dimostra molto meno dei suoi 17 anni, ha usato la frase giusta al momento giusto e nella lingua giusta.
Oggi Tonga, grazie alla sua tessera da stagista del parco, gira liberamente nell'accampamento di Chitengo: accompagna i turisti nei safari fotografici, studia la fauna, impara ad avvistare gli animali mimetizzati nella boscaglia.
Degli anni della guerra, quando i profughi scappavano sulle montagne con poco cibo e pochi vestiti, ricorda solo i racconti dei genitori.
Ha una borsa di studio della fondazione Carr, una bicicletta, una radio, un paio di occhiali all'ultima moda che gli ha regalato Greg e un futuro assicurato.
In questo paese di 18,5 milioni di abitanti, un tempo in testa alle classifiche mondiali della povertà e della sofferenza, si parla molto del futuro, anche se non sempre è garantito.
Durante i sedici anni di guerra civile, dal 1976 al 1992, era difficile coniugare perfino il presente.
Oggi, invece, c'è spazio anche per i verbi al futuro.
Quando un mozambicano parla di "prima", è meglio accertarsi di quale "prima" si tratta: l'epoca coloniale?
La guerra d'indipendenza?
Gli anni del partito unico?
La guerra civile?
Oggi tutto è in movimento, ma in quale direzione?
E' come un naufragio: una volta toccato il fondo, si può solo risalire, proprio come gli indici macroeconomici, che sono in crescita.
La strada verso una democrazia matura, invece, è più accidentata: il partito al potere, il Fronte di liberazione del Mozambico, che ha guidato la lotta per l'indipendenza dai primi anni sessanta, si è rafforzato.
L'opposizione è a pezzi ed è composta essenzialmente dalla Resistenza nazionale mozambicana.
Finora non c'è mai stata una vera alternanza.
Come sottolinea un mozambicano:"Noi abbiamo importato la democrazia, ma anche l'ordine neoliberista.
E a volte, qui in Africa, in abiti occidentali si suda molto".











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