martedì 4 agosto 2009

IL MUSEO NEL CAMPANILE.


C'è anche un altro mondo piccolo, pochi chilometri più a est, che ruota intorno al paese di Brescello, dove negli anni cinquanta e sessanta sono stati girati i film franco-italiani basati sulle storie di Guareschi.
La piazza principale del paese è meta di pellegrinaggio per i fanatici di questi film.
La chiesa di don Camillo si trova proprio di fronte al municipio di Peppone.
Il paese ospita un museo con i cimeli usati sul set, come il carro armato russo che si vede in una famosa scena.
In realtà si tratta di un carro armato americano, rimesso a posto dopo essere stato usato per far pratica in una caserma di Roma.
I turisti, però, fanno ancora la fila per avere una foto ricordo accanto a quello che per loro è " il carro armato di Peppone ".
Brescello e i paesi dei dintorni hanno certamente le loro attrattive, con gli edifici rinascimentali e la suggestiva pista ciclabile lungo il fiume, ma è stato nei tranquilli dintorni delle chiesette descritte da Guareschi che ho ritrovato il vero spirito dei suoi racconti.
Nel paese di Diolo, per esempio, c'è una stranezza degna di una delle sue avventure: una chiesa senza campanile.
La storia racconta che quando, nel 1900, il tetto della parrocchia del cinquecento crollò, gli abitanti del paese decisero di finanziare una chiesa più grande a un chilometro di distanza, con tanto di pinnacoli e gargouille, ispirandosi al duomo di Milano.
Poi però finirono i soldi e non riuscirono a finanziare la costruzione del campanile.
Così gli abitanti di Diolo decisero di conservare il campanile originale.
Oggi questo campanile ospita un altro museo dedicato a Guareschi, gestito da un ometto con un grande sorriso, che conosceva bene lo scrittore e gli somiglia in modo impressionante.
Cesare Bertozzi, costruttore in pensione, conosce la Bassa meglio di chiunque altro: la sua famiglia vive qui dal 1803.
Ricorda ancora quando le famiglie, d'inverno si riunivano nelle stalle a scaldarsi, a mangiare, a bere e a raccontarsi storie.
In primavera andavano nei canali di irrigazione a strappare le erbacce, cantando mentre lavoravano, e il prete si lamentava sempre che i socialisti cantavano meglio.
Gli ho chiesto se la vita fosse cambiata molto.
Mi ha risposto che ora ci sono più macchine ad aiutare nei campi, ma che i ritmi di vita sono rimasti gli stessi.
Guareschi ha scritto una delle sue battute più famose quando era prigioniero in un campo di concentramento tedesco, durante la seconda guerra mondiale: "Non morirò. Finchè non mi uccideranno".
Grazie al fascino senza tempo di don Camillo e Peppone, il suo mito vivrà ancora a lungo.

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