martedì 21 luglio 2009

QUANDO NON SI E' DI GUARDIA, si legge, si guardano i dvd, si traffica con il computer o si fa sport.
Io giocavo a ping pong con il primo ufficiale.
Udo Wolms è una persona dal talento poliedrico, figura esemplare di una generazione che, cresciuta nel socialismo reale, un bel giorno si è svegliata in un altro mondo e ha dovuto costruirsi ex novo una professionalità.
Wolms è ufficiale nautico, perito aziendale, insegnante, webmaster, webdesigner e allenatore di karate.
E mi ha dimostrato il suo spirito sportivo lasciandomi arrivare ogni tanto vicino alla vittoria.
La sera i filippini si radunavano nel loro quadro, una bella sala dove si entrava dopo essersi tolte le scarpe.
C'erano un televisore, un bar e una batteria su cui uno di loro suonava mentre un altro si esibiva al karaoke imitando, con sincera passione ma anche con autentica incapacità, i maggiori successi della musica pop.
Jefferson Patriarca, lo steward, faceva da intermediario tra i filippini e gli ufficiali tedeschi.
Si lamentava del fatto che tutto il parentado gli spillava soldi: i genitori si stanno costruendo una casa a Quezon, e pefino la sua sorellina Jessame, di tre anni, una piccola peste che lui adora più di tutti, lo perseguita con le richieste di regali.
I filippini erano preoccupati.
A Hong Kong si sarebbe imbarcato un nuovo cuoco, un vietnamita che a loro non andava affatto a genio, tanto che avevano minacciato di suonargliele.
Il cuoco attuale, Erwin Felipe, era apprezzato da tutti perchè sapeva cucinare il fegato di maiale, gli involtini di cavolo e le frittelle di patate per i tedeschi, ma anche l'adobo o il lapu per i suoi connazionali.
Master Trumper aveva dovuto sorbirsi pazientemente le loro lamentele.
Anche lui non sembrava felice del cambio, perchè niente contribuisce a un buon clima a bordo quanto il cibo.
Così aveva consigliato all'equipaggio di scrivere una petizione che lui avrebbe girato alla società armatrice.
La traversata volgeva al termine.
Non si vedeva ancora terra, ma era già comparsa la prima nave.
Si chiamava Saga Frontier e, dopo tutti i giorni trascorsi in solitudine sull'oceano, mi era sembrata così eccitante che non riuscivo a staccare gli occhi dal binocolo.
Era in rotta per il Giappone, che si vedeva già emergere dall'orrizzonte.
Taiwan si avvicinava e le acque cominciavano a brulicare di chiatte, petroliere e di una flotta di pescherecci con nomi tipo Fu Hai o Happy Cloud.
Di notte accendevano le loro lampare e risplendevano come fuochi di segnalazione sul mare verde: la Msc Texas si faceva strada tra loro con la premurosa delicatezza di un King Kong alle prese con una fanciulla.
L'aria era calda e umida e vibrava del volo di migliaia di libellule che sciamavano intorno alla nave mano a mano che ci avvicinavamo alla costa.
Di fronte a Xiamen abbiamo buttato l'ncora e abbiamo aspettato il messaggio del pilota.
La sera, quando siamo entrati nel porto sull'isola del canale di Formosa, le gru da carico erano già pronte a prelevare i container: in Cina si lavora 24 ore su ventiquattro.
Il sole si era alzato nel cielo come un pallone rosso, il mare di case si perdeva sotto una coltre di smog.
L'acqua era marrone e maleodorante, l'aria era satura di gas di scarico: le leggi ambientali della California erano lontane,non solo geograficamente.




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