martedì 6 aprile 2010

OMAN (PENISOLA DI MUSANDAM).

IL VECCHIO EREMITA.

Oltre ai fiordi popolati di delfini e ai fondali, sono proprio i "monti polverosi" ad attirare qui i visitatori.
A sud di Khasab una strada di ghiaia si inerpica fino alla catena montuosa dell'Hajar, la cui vetta più alta raggiunge i 2.100 metri d'altezza.
Mohammed manovra con cautela la jeep per scansare le buche, e dopo ogni dislivello particolarmente impervio ringrazia la sua auto con un bacio sul cruscotto.
La strada si getta in un deserto di rocce colorate in migliaia di tonalità marroni, con pareti verticali di roccia e ripidi burroni.
Sulla cima di un altopiano la vegetazione ricompare inattesa.
Intorno si vedono campi di frumento e orzo e le case di un villaggio beduino circondate da fichi, palme e terra fertile.
Anche qui la modernità ha già preso piede: gli edifici sono nuovi e lungo la strada si vedono grandi serbatoi di plastica bianca che il governo fa riempire regolarmente d'acqua potabile.
"Laggiù c'è ancora una casa tradizionale", dice Mohammed indicando un basso rudere in pietra grezza che se ne sta appoggiato come un nido d'uccello sul sottile spuntone che sporge dalla roccia nel centro di una forra.
Un sentiero quasi invisibile scende verso il fondo della voragine.
"Lì abitava un vecchio eremita, un tipo strano che per tutta la vita non ha mai voluto avere niente a che fare con il progresso".
Quando Mohammed andava ancora a scuola, a volte l'eremita scendeva da queste cime fino a Khasab.
Era un omanita fiero e arcigno, un uomo d'altri tempi, con un'ascia infilata nella cintura e la barba tinta di rosso.
Mohammed e gli altri bambini gli correvano dietro e urlavano: "Barbarossa, barbarossa!".
A quel vecchio stravagante la cosa piaceva: allora si girava e si esibiva in una breve danza sulla strada polverosa.

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