sabato 3 aprile 2010

OMAN (PENISOLA DI MUSANDAM).

CONTRABBANDIERI.

Khasab è una sonnolenta cittadina di provincia con 17mila abitanti, una strada commerciale, un paio di ristoranti, un piccolo aeroporto e un bar piuttosto equivoco e senza finestre ai margini dell'abitato, dove si servono alcolici e le donne marocchine danzano a pancia scoperta per i clienti.
Solo al porto, un'area recintata e sorvegliata, le attività fervono senza sosta per tutto il giorno: sotto il sole alcuni uomini accatastano sui motoscafi ondeggianti pile di casse che arrivano ad altezze inquietanti.
Sugli approdi, cartoni pieni di scarpe, camicie, televisori e dolci sono sistemati vicino a bancali di lattine di Red Bull e stecche di sigarette americane.
Mentre le merci già arrivate vengono chiuse in sacchi impermeabili grigi, i camion provenienti dalla città già arrivano con altri rifornimenti.
Gli uomini sulle banchine sono contrabbandieri.
Ogni mattina centinaia di imbarcazioni salpano da Bandar Abbas, sulla costa iraniana, e attraversano lo stretto di Hormuz per acquistare capre qui a Khasab.
Quando tornano indietro trasportano in Iran i prodotti giunti al porto lungo la strada costiera degli Emirati.
Qui in Oman questo limitato traffico di frontiera è legale e per gli intermediari di Khasab rappresenta un'attività redditizia: il pericolo comincia solo quando si rientra in Iran, dall'altra sponda del braccio di mare.
"A volte una barca troppo carica affonda", racconta Said, un iraniano con una camicia scura e i pantaloni incrostati di sale.
"Ci sono stati anche dei morti".
Dall'altra parte dello stretto sono in agguato i guardacoste iraniani: circa una volta alla settimana ci sono degli incidenti, ma sui particolari Said preferisce sorvolare.
Al porto si dice che i contrabbandieri viaggiano sempre in gruppo, in modo da potersi dividere e scappare quando c'è un contollo.
Solo alla sera, quando l'ultimo motoscafo scompare dietro le pareti di roccia che delimitano questo braccio di mare, sul porto di Khasab scende la quiete, perchè gli iraniani sono tornati a casa, visto che non possono dormire fuori dal loro paese.
Prima anche Mohammed Bakhiet al Shihu guidava i camion che ogni giorno riforniscono i contrabbandieri di sigarette.
Un paio d'anni fa un suo amico si è accorto che parlava bene l'inglese e gli ha chiesto se voleva lavorare come guida turistica.
"Va bene", ha risposto contento Mohammed prima di chiedere: "Cos'è una guida?".
Da cinque anni lavora per la più vecchia agenzia turistica della città e può contare tra i suoi clienti anche ricchissimi sceicchi sauditi, l'ambasciatore messicano e la principessa Anna d'inghilterra.
"Musandam si sta sviluppando", dice Mohammed, che ha ventiquattro anni e non si è mai allontanato da Khasab.
"Fino a quindici anni fa per i turisti c'erano solo un sambuco e un piccolo albergo: qui nessuno avrebbe immaginato che a qualcuno potessero interessare i nostri monti polverosi".
Oggi invece a Khasab atterra ogni giorno un aereo proveniente da Masqat, la capitale dell'Oman, e dallo scorso autunno tra le due città fa anche servizio un traghetto espresso.

Nessun commento:

Posta un commento