venerdì 9 aprile 2010

NEPAL (PIANURA DEL "TERAI").

LA PESCA NEL FIUME.

Alle cinque e mezzo del mattino fa freddo e c'è molta umidità.
La notte è stata breve , tra l'autista che russava, i cani che si azzuffavano continuamente e gli accessi di tosse del nonno.
A stomaco vuoto partiamo con Pradesh in una bruma gelida, attraverso la grande pianura ancora immersa nell'oscurità.
Il cammino è difficile: siamo in equilibrio su creste di terra friabile o dentro i campi arati e soffici, intervallati da zolle di terra indurita.
Da tutti i lati risuonano grida e fischi, ma la fitta nebbia impedisce la visibilità.
La scena ha qualcosa di surreale, sembra di stare dentro un film di Tim Burton.
Le sagome dei contadini che arano il terreno escono a poco a poco dal limbo con le loro coppie di zebù o di bufali, mentre l'alba compare dietro gli alberi.
L'immensa savana è segnata da alcune porzioni di terreno coltivate.
Una scacchiera animata da decine di tiri di buoi che vanno e vengono con una flemma tutta mattutina.
Lavorano dalle quattro del mattino, per approfittare delle ore più fresche e dell'umidità della terra, più facile da arare.
Tornando verso il villaggio visitiamo la scuola del signor Debraj, in un granaio pieno di tarli, il negozio di Rajindra Rana, che vende il tè e ha il telefono, il pollaio modello-industriale di Bomna Rana-una "tecnologia importata dagli Emirati Arabi" dove il proprietario ha lavorato come bracciante per una stagione, come molti nepalesi.
Tutti ci accolgono con gentilezza.
Nei cortili delle fattorie assistiamo alla mungitura degli zebù, alla macinazione dei cereali con un mortaio azionato a piede e alla riparazione delle reti da pesca.
Vicino a una casa "tappezzata" da escrementi di mucca messi a seccare per usarli come combustibile, alcune donne si muovono intorno a uno strano cappello ornato di nastri multicolori: è il "chaturi", decorazione tradizionale delle portantine usate dagli uomini durante i matrimoni.
Birchi Rana ci spiega che suo figlio si sposerà tra poco e che quindi sfilerà nel villaggio portato dagli amici.
Verso le nove del mattino torniamo dai nostri ospiti, per il primo dei due pasti della giornata, il solito ma sempre ottimo "dal bhat" (riso e lenticchie).
Dopo un po', risate e chiacchiere attirano la nostra attenzione: un gruppo di donne si dirige verso il fiume, portando sulle spalle delle strane reti che sembrano aquiloni.
In un'atmosfera festosa costeggiano in fila indiana i campi di colza.
Una volta arrevate al fiume piantano le reti nel punto più stretto del corso d'acqua, formando una nassa impermeabile.
Le pescatrici non devono far altro che risalire il fiume per qualche centinaio di metri, per poi ridiscenderlo a ranghi serrati, camminando sbattendo i piedi e agitando le braccia nell'acqua.
I pesci si precipitano nelle reti che le rana tharu tirano su insieme, mettendo il pescato nelle zucche appese alla cintura.
Il pesce arricchirà il "dal bhat" della sera, fornendo anche qualche proteina.
Nelle vicinanze, fanno il bagno dei bufali.
Emerge una serie di froge, di occhi e di orecchie che uno sguardo distratto potrebbe scambiare per quelli di una colonia d'ippopotami


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