lunedì 22 marzo 2010

NICARAGUA (ISOLA DI "OMETEPE").

IL SEME VELENOSO.

Ci eravamo avventurati all'interno dell'isola.
Faceva molto caldo, circa trenta gradi all'ombra, e lungo il cammino incontravamo cani affamati, cavalli e polli che vagabondavano per le strade.
Davanti a noi c'erano anche piantagioni di banane che si estendevano a perdita d'occhio.
In lontananza, a 1.610 metri di altezza, si vedevano le fumarole del vulcano Concepcion.
Abbiamo incontrato poca gente, solo qualche allevatore di bestiame con il machete in mano che portava gli animali ai campi.
Tutti ci salutavano con un sorriso.
Sono pochi i turisti che si avventurano su questi sentieri polverosi coperti di pietre laviche.
Il sole tramontava sulla punta di Jésus Maria.
Questa penisola si è formata con le ceneri del vulcano Concepcion.
"Quando si avanza su questo banco di sabbia si ha l'impressione di camminare sull'acqua", affermano le guide turistiche.
Non abbiamo avuto questa fortuna.
Le forti piogge del mese precedente avevano cambiato l'aspetto del terreno che, comunque, soddisfava la nostra voglia di immagini esotiche.
Ma questo non bastava a farci dimenticare la fame: erano ore che non mangiavamo.
Le nostre pance brontolavano e Eliot ha trovato per terra dei semi grandi come una moneta da due euro.
Dopo avergli tolto la buccia ne ha assaggiato uno: il sapore era simile a quello di un'arachide.
L'ho avvertito che forse era rischioso mangiarlo, ma il suo appetito ha avuto il sopravvento.
E' cresciuto a Tahiti e in Guyana ed è un appassionato di fauna e flora tropicale.
Lavora in una riserva naturale della Costa Rica e conoscendo i rischi mi ha rassicurato: "Quando i semi hanno un buon sapore raramente sono velenosi".
Siamo tornati all'albergo perchè Eliot cominciava a sentire un bruciore allo stomaco e alla gola.
Mentre il mio amico era steso sul letto in un bagno di sudore, io sono andata a cercare aiuto.
La farmacia era già chiusa, ma ho bussato comunque alla porta.
Mi ha aperto un signore anziano con i capelli spettinati e mi ha spiegato che non poteva fare nulla.
Ma mi ha detto che nelle vicinanze c'era un ambulatorio.
Ho chiesto la strada ai rari passanti e per fortuna dopo un po' ho incontrato un ragazzo francese che lavora in un ristorante di Moyogalpa.
Lui mi ha presentato Harald: un uomo sulla quarantina, basso e di carnagione scura che fa la guida turistica sull'isola.
Harald ha portato Eliot in ambulatorio e aiutato il medico a dare un nome alla nocciolina avvelenata.
Si tratta di un seme di Javillo.
In passato gli abitanti di Ometepe lo usavano per far abortire le donne rimaste in cinte.
Una notizia tutt'altro che rassicurante.

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