martedì 30 marzo 2010

MESSICO (TULUM E PLAYA DEL CARMEN).

LA MITOLOGIA.

Coba significa "acque mosse dal vento".
E' uno dei primi siti maya, risale al periodo classico (dal 500 al 900 dC) e ha una superficie di ottanta chilometri quadrati.
La piramide Nohoch Mul è la più alta della penisola (42 metri) e dalla sua cima si può ammirare un incredibile panorama, dove si alternano terra e acqua.
Immergersi nelle acque di uno dei cenote nella foresta del sudest del Messico è come rivivere una delle scene descritte da Jules Verne nel suo romanzo "Viaggio al centro della Terra".
Ci si tuffa in una cavità scura e profonda che attraverso delle gallerie si collega ad altri spazi sotterranei che a loro volta sfociano in mare.
Le formazioni geologiche sono illuminate dai raggi di luce che entrano dalla bocca del cenote, creando una dimensione molto diversa da quella delle immersioni in mare.
Per la cosmogonia maya, i cenote erano la porta d'accesso allo "xibalba", il mondo dei morti, in cui continua la vita.
Nel "Popol vuh" (Libro delle comunità) - una raccolta di miti e leggende dei gruppi etnici che abitarono la terra Quichè, uno dei regni maya in Guatemala - si racconta che sul fondo dei cenote (detti anche "regno della morte") vivevano esseri mitologici come il serpente gigante Sukan, l'uccello Moan e anche un cane che trasportava le anime dei morti.
Le prime cronache dei frati spagnoli, durante gli anni della conquista, parlano di sacrifici umani durante i quali i corpi delle vittime venivano gettati nel fondo di queste formazioni naturali. I frati raccontano di ragazze e bambini ingioiellati e offerti in sacrificio, ma gli scavi archeologici portano alla scoperta di corpi di uomini e donne di età diverse.
Molti avevano segni rituali che suggeriscono un sacrificio agli dèi.
In alcuni cenote sono stati trovati più di cento corpi e questo fa pensare che forse alcuni luoghi avevano la funzione di semplici cimiteri marini.

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