martedì 22 settembre 2009

ARGENTINA - TILCARA A CAVALLO.

CACTUS COME SOLDATI.
La nostra carovana è composta da quattro viaggiatori, la guida Adriàn Garcìa del Rio e la sua amica Carmen Poclavas.
Un gruppo di asini trasporta le provviste, le tende e i vestiti.
La salita comincia con pendii abbastanza lievi, coperti di cactus: in certi punti sembrano dei soldati in fila che marciano.
Ce ne sono migliaia, completamente diversi l'uno dall'altro, e danno un barlume di vita a un paesaggio arido e di ascetica bellezza.
Colpiscono i colori intensi delle montagne e il cielo così azzurro.
La cosa più sorprendente sono i terrazzamenti che risalgono a più di cinquecento anni fa, con i muretti in pietra semidistrutti.
Man mano che saliamo i cactus scompaiono e la vegetazione si riduce a cespugli di erba per il pascolo e ad arbusti.
In cielo vediamo dei puntini: sono i condor che sorvolano le nostre teste, mentre le vigogne e i guanaco girano liberamente tra le montagne.
Dopo quattro ore a cavallo raggiungiamo i 4.100 metri di Abra de Campo Laguna, dove per evitare il mal di montagna bisogna per forza masticare foglie di coca.
Poi scendiamo verso Corral Ventura.
Alla fine della prima giornata arriviamo al rifugio Huaira Huasi (casa del vento), su un altopiano a 3.200 metri con una vista spettacolare sulla valle.
In questi rifugi non ci sono docce e si dorme su letti a castello.
Le pareti sono di argilla e sabbia, mentre il pavimento è di cemento.
Chi vuole può piantare una tenda fuori.
I bagni sono all'esterno e non hanno il gabinetto.
A cena abbiamo mangiato degi ottimi cappelletti con salsa di funghi e della zuppa a base di panna e mele.
La tavola era illuminata dalle luci delle lanterne.
La mattina dopo siamo partiti verso una località chiamata Sepoltura.
La strada sale e scende continuamente seguendo i capricci del terreno.
A un certo punto ci troviamo avvolti dalle nubi e da una pioggia leggera.
Continuiamo a salire fino a quando ci troviamo immersi in una nuvola densa e fredda, che non ci permette di vedere a più di due metri di distanza.
Per fortuna il sentiero per i cavalli è ben segnalato.
Salendo ancora all'improvviso vediamo aprirsi un cielo splendente di un azzurro perfetto.
Intanto, in basso, la coltre di nuvole che copre la valle brilla al sole, quasi fosse in ebollizione.
Lo spettacolo della "nuboselva" - cielo nuvole e poi ancora cielo - è formidabile, ma dura solo pochi minuti.
Per fortuna si ripeterà per due volte nel corso della traversata.
Più tardi le nuvole scompaiono e all'orrizzonte appare il fiume Valle Grande e il monte Alto Calilegua.
Decidiamo di fare una sosta e di goderci questa vista spettacolare mangiando prosciutto crudo e formaggio.
Ormai siamo nei pressi di Lagunita.
Riprendendo la cavalcata entriamo nella zona di passaggio tra l'altopiano della Puna e la foresta, con le prime distese di alisso e una vegetazione che scendendo di quota si fa sempre più frondosa.
In lontananza, le case dei contadini sembrano aggrappate al pendio della montagna.
La seconda notte dormiamo a Molulo, nel rancho di Carmen Poclavas.
L'ottima cena è a base di "guiso carrero" (umido di carne e verdure) con fedelini, piselli,"charqui" (carne, generalmente di bovini, salata, tagliata a striscie sottili e lasciata essicare al sole e al gelo), "papines andinos" (piccole patate multicolori) e carote.



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