lunedì 3 maggio 2010

STATI UNITI ("ALASKA").

CI SONO PERSONE sedute sulle panchine sotto la luce grigia e spettrale delle nove di sera e indigeni che vendono orsetti di peluche turchesi lungo una strada affollata.
In un negozio, i cartelli che pubblicizzano portafogli in pelle di salmone e bicchieri di pelle di foca sono scritti in inglese e in giapponese.
Davanti alle entrate ci sono grandi orsi impagliati, e un alce fa la guardia all'ingresso di Starbucks.
Ma in mezzo a questi segni scarni dell'insediamento umano l'aria ha una limpidezza argentea, una chiarezza nordica.
Nelle giornate terse dal centro di Anchorage si vede il Denali, a 230 chilometri di distanza.
A mezzanotte si può leggere un libro per strada senza bisogno della luce dei lampioni.
Ricordo che il naturalista John Muir trovava nei cieli dell'Alaska una radiosità e un senso di possibilità che parevano rasentare il divino.
Comincio a capire che nessuno viene in Alaska per le città, ma per il contesto che le circonda.
Un abitante di Anchorage indica una renna seduta tranquillamente dentro una gabbia, in un giardino in pieno centro.
"Il tuo primo esemplare di fauna locale!", annuncia orgoglioso il mio nuovo amico.
"Veramente, il secondo", rispondo.
"Ho visto un alce che pascolava vicino alla strada, fuori dell'aeroporto".
"Già", risponde, per niente impressionato.
"Io ho visto delle balene mentre venivo qui in auto, e anche un orso.
Uno di loro ha appena assalito una donna che stava facendo una passeggiata nel parco del mio quartiere.
Proprio vicino a casa mia".
"Fuori città".
"No.
Non molto lontano da qui".
La stessa sensazione di piccolezza in mezzo agli elementi si ripropone il giorno dopo all'alba.
Alla guida dell'autobus che ci porta al parco nazionale di Denali, a cinque ore e mezza da Anchorage, c'è un ragazzo appena arrivato dalla Virginia.
"Adesso vedremo le attrazioni del luogo", dice mentre partiamo.
"Quel che preferisco sono i prezzi della benzina che crescono appena si esce dalla città".
Poco più tardi, in quello che comincia a sembrarmi un tipico gusto alaskano per le battute: "Se sentite uno strano palpito in fondo al cuore, un inspiegabile senso di eccitazione, forse è perchè stiamo arrivando nella capitale mondiale dello scotch da pacchi": Wasilla, la città natale di Sarah Palin.
Ma quando ci fa scendere all'ingresso del parco tutta l'ironia sparisce.
A Denali, una distesa di due milioni e quattrocentomila ettari, non sono ammesse auto private e gli chalet attrezzati sono pochi.
Quasi tutti i visitatori arrivano in autobus, proseguono per cento chilometri lungo un'unica strada stretta, ed escono.
Noi, invece, ci godiamo una gita di 120 chilometri su strade sterrate per raggiungere le nostre piccole baite a Camp Denali, dove alci e orsi passeggiano indisturbati e le alte cime innevate si riflettano nel lago.
Ho scoperto che un posto tranquillo t'insegna a essere vigile.
Il silenzio ti rende acuto come un orso, ricettivo ai rumori nella boscaglia come si può esserlo in un teatro di Venezia di fronte ai cambi di tonalità di Vivaldi.
Il primo giorno a Denali una ragazza del gruppo di naturalisti del campeggio ci fa vedere come si "legge" il teschio di un caribou: l'assenza del corno indica che è morto prima dell'arrivo della primavera.
Poi ci indica le gru canadesi, che preannunciano l'arrivo dell'autunno.

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