domenica 28 febbraio 2010

U.S.A. - MESSICO.

LA TEMPESTA.

Ora il deserto montuoso scende verso il punto in cui quattro ponti collegano Nuevo Laredo, sul versante messicano, a Laredo, città sorella sul lato statunitense.
Per quanto riguarda il traffico di merci, questo è il cordone ombelicale che connette l'America Latina a quella settentrionale.
E' qui che più del 40 per cento degli scambi tra Stati Uniti e il Messico attraversa il Rio Grande.
Circa ottomila camion statunitensi convergono ogni giorno su Laredo e incrociano un numero simile di camion messicani che scaricano le loro merci negli Stati Uniti a quindici chilometri dal confine.
Più di 12 milioni di barili di petrolio passano ogni giorno la frontiera, insieme a 432 tonnellate di peperoncini Jalapeno, 11mila bancomat e 16mila televisori.
Qui è "dove un paese si mescola con l'altro", mi ha detto l'ex sindaco di Laredo Betty Flores.
A sud, Nuevo Laredo è fiera del fatto di essere stata fondata da quei messicani che si sono rifiutati di vivere dalla parte statunitense del fiume dopo aver perso la guerra del 1848 tra Messico e Stati Uniti.

sabato 27 febbraio 2010

U.S.A. - MESSICO.

CITTA' GEMELLE.

Questa sera la destinazione è Tucson, in Arizona.
Non proprio una città di frontiera, ma un crocevia della cultura frontaliera, incarnata dalla via più strana d'America: quattro isolati su cui si affacciano il locale rock Rialto, l'hotel e nigtclub Congress, l'Iguana Cafe, il negozio di dischi Chicago, la stazione degli autobus, un barbiere con vecchie sedie alla Sweeney Todd, lo Shot in the dark Cafe e il Tattoo, parlour.
Verso sud, si passa da Nogales in Arizona a Nogales in Messico.
Da qui la strada si snoda tra i monti di Sonora fino alla città petrolifera di Cananea, dove un ristorante vuoto ma sfarzoso serve superbe "quesadillas".
Il personale del locale si stupisce che un gringo abbia ancora voglia di passare da queste parti da solo.
E' tarda sera quando riesco a raggiungere la mia destinazione: il balcone del piano superiore del motel di El Paso.
Sono pronto a tuffarmi dentro Ciudad Juarez, una città in guerra, ma unica al mondo.
Le città gemelle di El Paso e Ciudad Juarez sono da sempre città di transito.
Fino a poco tempo fa Ciudad Juarez era nota come la culla della rivoluzione messicana: la prima città a essere conquistata nel 1910 dalle milizie comandate da Pancho Villa, che avrebbe poi marciato da qui fino alla capitale per unirsi al gruppo di Emiliano Zapata.
La moderna Ciudad Juarez è esplosa durante il proibizionismo statunitense, una passeggiata attraverso il fiume per una bevuta e qualsiasi altro vizio.
Il cocktail margarita è stato inventato qui e si può fare il primo brindisi a Marilyn Monroe nello stesso bar in cui beveva lei.
Ciudad Juarez è diventata poi tristemente famosa per gli omicidi di alcune donne e per la guerra della droga, che rende questa visita un rischio più che una gita.
La città, si dice da queste parti, si trova "entre algo y nada" (tra qualcosa e niente).
I miei ricordi parlano di una città che esplode di notte.
La discoteca Sphynx, a forma di piramide egizia, ribolliva di ragazze in tiro, che si spendevano lo stipendio come se non ci fosse domani, perchè questa è un'economia strana: i salari sono miseri per gli standard statunitensi, ma non per quelli messicani.
Ai vecchi tempi i cosiddetti "narco juniors" sarebbero andati in giro nei loro suv con i vetri oscurati, vestiti come una via di mezzo tra un cowboy e un modello di Versace, con una "chica" per braccio.
Adesso sono scomparsi, la sfinge è stata domata, e l'hotel a nove piani in cui mi sono stabilito è vuoto, c'è soltanto una squadra di boxe in partenza per la Finlandia.
Il posto dove sei anni fa passavo gran parte del tempo, il Papillon, era un rifugio squallido, assordante e con un personale di sole donne che indossavano la tenuta obbligatoria delle bariste di Juarez: quasi niente.
Le cose non sono cambiate, ma oggi ha un'aria triste e i frequentatori del locale sanno che non è una buona idea restare fino all'ora di chiusura.
Ho attraversato il Ponte delle Americhe e ho lasciato El Paso un'ora prima dell'alba, per completare la seconda metà del mio viaggio.
La notte divido l'autostrada quasi esclusivamente con i camion, e con le luci con cui ciascun camionista rende unico il suo mostro a otto ruote.
Oltrepasso foreste di turbine eoliche sull'interstatale 10 tra un posto chiamato Fort Stockton e un altro chiamato Ozona.
Faccio una breve sosta a Del Rio, obbligatoria per via della scena della sparatoria all'hotel nel film "Non è un paese per vecchi".
Scopro che è una cittadina tranquilla dove l'Empire soda fountain serve un buon caffè e i vecchi con il cappello da cowboy in testa hanno un sacco di tempo per parlare fuori dal bar ristorante La Nacional su Pecan street.

venerdì 26 febbraio 2010

U.S.A. - MESSICO.

POPOLI MESCOLATI.

"In auto da Tijuana a Boca Chica, lungo i tremila chilometri del confine tra Stati Uniti e Messico: bellezza, povertà e paradossi".

Di tutti i paesaggi americani il più accattivante è quello che si vede dal balcone della stanza 258 del motel La Quinta su Geronimo avenue a El Paso, Texas.
Soprattutto se con te ci sono sei birre, fettine di lime, salsa piccante e un pacco di tortillas.
Il confine tra Messico e Stati Uniti corre poco distante.
E' rappresentato da un muro decorato di filo spinato e dal fiume Rio Grande.
Oltre il confine c'è il fumo delle fabbriche, un mare di luci e la città più carismatica, libidinosa e pericolosa che abbia mai conosciuto: Ciudad Juarez.
Sono a metà strada di un viaggio dal Pacifico al golfo del Messico, lungo il confine più trafficato del mondo.
Una terra che appartiene al Messico, agli Stati Uniti e a nessuno dei due.
Per me questo territorio lungo tremila chilometri e largo circa 160 è l' "Amexica".
L'Amexica è un luogo di paradossi: amore e violenza, opportunità e povertà, bellezza e paura.
La frontiera è permeabile e allo stesso tempo a tenuta stagna.
Mentre il muro, le pattuglie, le dogane e i cani antidroga si sforzano di controllare il passaggio di stupefacenti e immigrati, le città statunitensi come El Paso sono quasi completamente ispaniche.
E' un confine attraversato ogni giorno da 800mila persone.
Ci vogliono dieci minuti a piedi dal centro di El Paso alla via principale di Juarez, da quello che dovrebbe essere il primo mondo a quello che sembra il terzo, anche se non lo è.
La terra di confine ha la sua musica, il "norteno", e il suo lessico angloispanico, parlato da entrambi i lati e scritto sulle porte dei bar: "Menores and personas armadas strictly no entrada".
Il mio viaggio è cominciato alla frontiera tra Tijuana e San Diego.
"Aqui empieza la patria" è il motto del comune di Tijuana: qui comincia la patria.
"Siete nella città più visitata del mondo". afferma il cartello sulla avenida Revolucion, ricordando il ruolo di Tijuana nella vita statunitense: migliaia di persone sciamavano qui per assaporare l'esotismo messicano, comprare souvenir, bere caraffe di margarita, farsi sistemare i denti a buon mercato, forse anche affittare una "chica" per una sveltina e, negli ultimi tempi, comprare Viagra o Prozac a poco prezzo.
Ma la guerra dei narcotrafficanti ha cambiato tutto, dice Enrico Rodriguez nel suo negozio deserto, pieno di bigiotteria: "Adesso mi faccio il segno della croce ogni volta che vendo qualcosa, e non capita da due giorni".
Il giorno dopo era il "dia de los muertos".
Avevo sempre desiderato trovarmi in Messico per il giorno dei morti, quando si preparano dei piatti elaborati da condividere con i defunti nei cimiteri.
La più commovente di queste cerimonie è quella che si svolge sulla spiaggia divisa tra California e Messico: La quintessenza del pranzo della domenica amexicano, con le famiglie che fanno picnic separate dalla barriera del confine.
Sparse su tutti e due i lati della rete ci sono sedie di alluminio e tela che reggono zie, cugini, figli e nipoti.
Banconote e portate passano da una parte all'altra.
"Stiamo cercando di ottenere i documenti per incontrarci tutti dallo stesso lato, ma ci vuole tempo", dice Martino Martinez, un guardiano che lavora a San Diego.
Proseguo il mio viaggio a zig zag, attraversando continuamente il confine.
Dall'autostrada messicana numero 2 si vede un panorama mozzafiato: il valico di Mexicali, le pianure della California meridionale, le dune di sabbia e un piccolo cimitero a Holtville dove sono sepolte alcune delle persone che hanno cercato di attraversare il confine, quasi tutte senza un nome.
U.S.A.-MESSICO.

INFORMAZIONI PRATICHE.

ARRIVARE.
Il prezzo di un volo dall'Italia per gli Stati Uniti (con arrivo a Los Angeles e ritorno da Houston) parte da 608 euro (United, Swiss, Lufthansa).

AUTO.
Se si affitta un'auto negli Stati Uniti controllare che la polizza assicurativa sia valida anche in Messico.
Noleggiare un'auto con la Hertz (ritiro a Los Angeles e riconsegna due settimane dopo a Houston) costa circa 820 euro.
Per guidarla anche in Messico bisogna aggiungere 25 euro al giorno.
La cifra si può pagare all'ufficio Hertz del confine.

DORMIRE.
Negli Stati Uniti Ed Vulliamy ha dormito nella catena dei motel "La Quinta" (lq.com, stanze a partire da 30 euro al giorno).
In Messico è andato nella catena "Fiesta Inns" (fiestainn.com).
Una camera costa 35 euro al giorno.
E' GIUSTO SAPERE:
Ho deciso di offrire a chi piace viaggiare (con la fantasia oppure in prima persona) una possibilità di scegliere degli intinerari prevalentemente avventurosi, che si distinguono per la loro diversità dai viaggi tradizionali.
Le descrizioni le traggo dal settimanale "INTERNAZIONALE" del quale sono abbonato ed affezionato lettore di tutti gli articoli che lo compongono.
Spero di fare cosa gradita a quanti mi leggeranno, ed auguro a tutti una piacevole lettura.
ERMANNO RARIS

giovedì 25 febbraio 2010

PROFILO DELL'AUTORE E INDICE VIAGGI A INIZIO BLOG "ERMANNO RARIS".
ARGENTINA ("ESQUEL").

TERRA DI SOGNI E PIONIERI.

La vita di El Maitén è talmente legata alla Trochita che ogni anno a febbraio si festeggia la festa nazionale del treno a vapore.
Le officine arrivarono ad avere 120 operai, oggi ce ne sono solo ventotto.
Sono uniche al mondo perchè fabbricano i pezzi secondo i disegni originali.
"Una volta quelli della fabbrica tedesca Henschel si sono stupiti di vedere una locomotiva da manovra, neanche sapevano che esistesse", racconta uno degli operai.
Il capitale più importante delle officine è il personale, perchè conosce tutti i segreti delle macchine a vapore.
Molte persone lavorano qui da anni e trasmettono le loro conoscenze ai più giovani.
"Da bambino il mio sogno era fare il ferroviere e quel sogno si è realizzato.
Ho cominciato a lavorare a diciasette anni, oggi ho 43 anni di servizio e spero di andare in pensione da ferroviere", spiega entusiasta Kmet.
Il fascino delle vecchie carrozze e la mistica delle anguste rotaie che si fondono all'orrizzonte ha tutto un altro sapore quando si parla di questo paesaggio.
Quello della Patagonia, terra di sogni e di pionieri.
ARGENTINA ("ESQUEL").

VENT"ANNI DOPO, durante la febbre liberista degli anni novanta, l'ultimo treno a vapore della Patagonia ha rischiato di essere soppresso perchè aveva i conti in rosso.
Gli amministratori della provincia del Chubut decisero di salvarlo, ma solo la tratta Esquel-El Maitèn, vicino al Rio Negro.
Da quando è diventata un treno turistico, La Trochita è risorta.
Non è un treno ad alta velocità, ma è proprio questo il suo fascino.
Continua a viaggiare a una media di venti chilometri all'ora fischiando a ogni curva.
Ne approfittiamo per fotografare le valli che ci scorrono davanti, per sporgerci dal predellino o per fare gli equilibristi nella pedana traballante che collega i vagoni.
Oppure passiamo il tempo in una delle due carrozze ristorante, da dove arriva il profumo di una torta fatta in casa.
Il macchinista ci cede il posto e ci lascia ammirare la locomotiva.
Il suo non è un lavoro facile: le caldaie sono roventi, il fuoco è una minaccia e fa un caldo infernale.
Rimaniamo lì per qualche minuto e scattiamo qualche foto prima di scendere e visitare un piccolo villaggio mapuche.
Un esercito di bambini ci accoglie salutandoci, offrendoci delle stoffe, oggetti di artigianato e cibo.
Compriamo le tipiche "tortas fritas", che mangeremo durante il viaggio di ritorno.
Abbiamo poco tempo e non possiamo perderci nel museo delle culture patagoniche, in cui sono conservati antichi strumenti musicali, vasellame e oggetti della cultura mapuche.
La locomotiva sbuffa e annuncia che sta cominciando le manovre per fare ritorno a Esquel.
Prima avanza leggermente, poi retrocede e, avvolta in una nuvola di fumo, emette una sorta di grugnito.
E' ora di tornare.
La passeggiata da Esquel a Nahuelpan non è l'unica possibilità per chi vuole vivere l'esperienza della Trochita.
El Maitén è una tranquilla località sul quarantaduesimo parallelo, nella regione andina.
E' famosa per i laghi, le valli e per aver ospitato il bandito statunitense Butch Cassidy, che si rifugiò qui durante la fuga.
A El Maitèn si possono visitare le officine delle vecchie locomotive.
"Questo è un paese ferroviario.
In tutte le famiglie c'è qualcuno che ha lavorato nelle ferrovie", assicura Carlos Kmet, capo officina.
"Mio padre e mio nonno arrivarono dalla Polonia per costruire il treno.
Poi si stabilirono qui.
Mio nonno era a bordo quando il treno fece il suo primo viaggio fino a Esquel".
ARGENTINA ("ESQUEL").

UN'ENTRATA TRIONFALE.

Il viaggio di venti chilometri che separa Esquel dal villaggio mapuche Nahuelpan dura poco più di un'ora.
Il treno parte anche da El Maitén, dove è possibile visitare le officine della Trochita e da dove si può arrivare a Norquinco dopo un tragitto di 36 chilometri.
Sono quasi le dieci del mattino e sul binario della stazione di Esquel i turisti camminano tra curiosi e venditori.
Un fotografo si piazza in una posizione strategica prima che La Trochita faccia il suo ingresso trionfale.
Non rimarrà deluso: il treno si avvicina alla stazione sbuffando fumo e fischiando.
Emette un suono più simile a un corno che al classico sibilo acuto dei treni.
Ci sarà tempo per scattare una foto accanto alla locomotiva, una reliquia del 1922 che i ferrovieri mantengono con molto impegno nel suo stato originale.
Saliamo su uno degli angusti vagoni e ci accomodiamo nei posti divisi in file da uno e due passeggeri, separate da uno stretto corridoio.
Per fortuna ci toccano i sedili imbottiti.
Quelli in legno sono stati prenotati da altri viaggiatori.
E comunque la durezza del sedile non è l'unica cosa da prendere in considerazione per la scelta del posto: c'è anche il paesaggio, più visibile dalla parte dei sedili individuali e, se si viaggia d'inverno, la vicinanza della stufa, messa al centro di ogni carrozza per mitigare il rigido clima della Patagonia.
La stufa a legna era molto contesa tra i passeggeri ai tempi in cui La Trochita percorreva in venti ore i 402 chilometri che dividono Esquel da Ingeniero Jacobacci, nella provincia di Rio Negro.
Non era usata solo per riscaldare i vagoni, ma anche per preparare il "mate" e per cuocere la carne.
La guida ci spiega che allora c'era l'abitudine di scendere per sgranchirsi le gambe e risalire poco dopo sul treno che intanto avanzava a passo d'uomo.
La Trochita serviva tutti i paesi lungo la ferrovia, che a loro volta si svilupparono grazie al passaggio del treno.
Più di mille uomini arrivarono da ogni parte del mondo per lavorare alla costruzione delle rotaie.
Il primo treno è partito da Esquel il 25 maggio del 1945 e per anni è stato usato per il trasporto di merci e passeggeri tra Esquel e Jacobacci.
Alla fine degli anni settanta, quando Paul Theroux realizzò il suo viaggio da Boston a Esquel, La Trochita non era il brillante treno turistico di oggi, ma un "samovar demente su ruote" con delle carrozze scricchiolanti su cui viaggiavano persone, lana e legname.
ARGENTINA ("ESQUEL").

A TUTTO VAPORE.

"In treno da Esquel al villaggio mapuche di Nahuelpan, in Patagonia.
La Trochita è un piccolo convoglio immutato dal 1945".

Quante storie possono stare in 75 centimetri?
Per provare la risposta può essere d'aiuto il paradosso di cui parla Paul Theroux nel suo libro "L'ultimo treno della Patagonia".
Secondo Theroux, in Patagonia tutto si misura in termini di immensamente grande o immensamente piccolo: "Non c'è una via di mezzo.
Si passa dall'enormità dello spazio deserto alla vista di un fiore minuscolo".
Secondo il paradosso, nei 75 centimetri che separano le rotaie della Trochita ci possono entrare tante storie quante ne contiene l'immensità della steppa.
La Trochita è l'unico treno a vapore a scartamento più che ridotto ancora funzionante al mondo.
Un mezzo di trasporto pieno di fascino: per il paesaggio che attraversa, per i vecchi macchinari che lo fanno funzionare e per le carrozze, sempre le stesse da più di cinquant'anni.
Non è più il treno pittoresco e decadente che per molti anni ha salvato dall'isolamento i paesi tra la steppa e la cordigliera, ma un convoglio completamente rinnovato e frequentato da turisti di tutto il mondo.

ARGENTINA ("ESQUEL").

INFORMAZIONI PRATICHE.

ARRIVARE E MUOVERSI.
Il prezzo di un volo dall'Italia (Air Europa, Alitalia, Iberia) per Buenos Aires parte da 576 euro a/r.
Le Aerolineas Argentinas collegano la capitale con Esquel.
Il prezzo di un volo parte da 225 euro a/r.
Chi ama guidare può percorrere in auto i 1.800 chilometri che separano Buenos Aires da Esquel.

DORMIRE.
L'albergo "Pinares del Epuyén" (0054 2944 469 066. snipurl.com/qg8u2) si trova al chilometro 1889 della Ruta Nacional 40, a El Hoyo (nei pressi di El Maitén).
Le stanze affacciano sulla cordigliera delle ande.
Il prezzo di una doppia parte da 32 euro a notte.

ORARI.
Durante le vacanze invernali la Trochita che da Esquel va a Nahuelpan parte tutti i giorni alle 10 (domenica esclusa).
Invece quella che va da El Maitén a Norquinco parte ogni giovedì e sabato alle 14.

mercoledì 24 febbraio 2010

A MIO AVVISO E' UTILE SAPERE CHE:
In Italia esiste una attività che da più di 35 anni produce e commercializza "BANDIERE E RELATIVI ACCESSORI", da utilizzo sia per interni che per esterni, partendo dalle bandierine da tavolo e arrivando fino ai pennoni in alluminio oppure in vetroresina da mt. 5 a mt. 40.
L'attività in oggetto è la "B.A.F.A. BANDIERE" (vedi catalogo in internet).
PROFOLO DELL'AUTORE E INDICE VIAGGI A INIZIO BLOG "ERMANNO RARIS".
COSTA RICA.

SENZA PERMESSO.

La nostra fuga da San Lucas è stata molto meno drammatica.
Prima di tornare sul continente abbiamo salutato Victor Alvarado Montoya, il direttore del parco.
Lo avevamo già incontrato quando Josuè gli aveva portato il nostro permesso.
Mentre spiegavo al direttore quanto ero felice di aver visto quella splendida isola prima dell'apertura ufficiale del parco, una famiglia costaricana, con figli, cugini, zii e zie al seguito ci è venuta incontro.
Non era chiaro come fossero riusciti ad arrivare fin qui, ma era evidente che non avevano un permesso.
Hanno chiesto a don Victor di visitare l'isola.
"Certo", ha risposto il direttore sorridendo.
"State attenti che i bambini non rimangano chiusi in una delle celle".
Benvenuti in Costa Rica.
Dove i permessi ufficiali sono sempre necessari tranne quando vi presentate senza preavviso.
Ed è proprio questo che dovrebbe fare un visitatore intrepido, prima dell'arrivo delle orde di turisti.
Fate solo attenzione a dove mettete i piedi.
COSTA RICA.

"NON C'E' NULLA DI PIU' BELLO DI SAN LUCAS nei mesi estivi.
I germogli sugli alberi, i fiori, la schiuma del mare e il rumore delle onde sollevate dal vento.
E farfalle gialle che appaiono improvvisamente a migliaia".
Per anni le risorse animali e vegetali dell'isola sono state sfruttate in modo sconsiderato, ma ora la natura sta recuperando le forze.
Nel 2005 i responsabili del parco hanno portato sull'isola una vera e propria arca di Noè, con a bordo cervi, tacchini, pappagalli, iguana, armadilli e bradipi.
Le altre specie non avevano bisogno d'aiuto.
Sull'isola vivono 120 scimmie urlatrici, ma anche 40 specie di uccelli, tra cui pellicani, civette e magnifiche fregate, 17 specie di rettili, che includono i boa costrittori e alcuni coccodrilli, e otto tipi diversi di pipistrelli.
Mentre cercavamo di raggiungere la spiaggia abbiamo incontrato un gruppo di scimmie urlatrici.
Josuè ha battuto le mani e le scimmie hanno cominciato a emettere delle grida gutturali.
Questi animali usano i loro potenti urli come forma di controllo del territorio.
Allora Josuè ha imitato il richiamo del cebo cappuccino, il peggior nemico della scimmia urlatrice.
Così le scimmie si sono arrabbiate e una di loro ha lanciato degli escrementi, mancandoci di poco.
Sul sentiero abbiamo visto i lavori di manutenzione dei volontari di Raleigh international, un'associazione britannica che organizza spedizioni in tutto il mondo.
I volontari arrivano ogni tre settimane, curano la rete dei sentieri e raccolgono la spazzatura.
Sulla spiaggia le infradito rotte e le bambole senza braccia ci hanno ricordato che anche le isole disabitate ricevono questi doni dalle correnti dell'oceano.
Leon Sanchez ha raccontato la storia di un detenuto che tentò di fuggire partendo forse da questa spiaggia.
Si era cammuffato legandosi in testa un pellicano morto.
Uno dei guardiani, crudele con gli esseri umani ma amante degli uccelli, aveva proibito a tutti di far male ai pellicani.
Ma a quanto pare era anche in grado di distinguere un uccello vivo da uno morto e quindi decise di sparare al fuggitivo.

martedì 23 febbraio 2010

COSTA RICA.

ISOLAMENTO SOTTERRANEO.

Le celle rettangolari, poco più grandi di un monolocale, contenevano fino a ottanta persone.
Una volta i prigionieri dormivano sul pavimento, mentre in tempi più recenti sono stati aggiunti dei letti di metallo con dei materassi sottili.
I soffitti erano bassi e c'erano poche finestre, la ventilazione era quasi inesistente.
"Ehi!", ha gridato Josué uscendo da una cella.
"Vieni a vedere cos'ho trovato".
Il sole di mezzogiorno inondava il cortile interno.
Le foglie cadute da una pianta di "guaramo" coprivano il pavimento di cemento.
Potevo respirare il profumo dell'oceano e sentire le onde infrangersi sulla spiaggia.
Chissà che sollievo doveva essere per i detenuti stare qui anche solo per pochi minuti.
Josué, una ex guida naturalistica che ora lavora per l'ente del turismo della Costa Rica, si è rivelato un compagno di viaggio ideale.
Quando due anni fa ci siamo incontrati in un albergo nella giungla abbiamo scoperto di condividere la stessa curiosità per quest'isola.
La mia era cominciata leggendo un libro di José Leon Sànchez, un ex detenuto che per diciannove anni è stato chiamato Prigioniero 1713.
Leon Sanchez è entrato in prigione nel 1950 che a malapena sapeva scrivere, e ne è uscito dopo vent'anni quando ormai era uno scrittore affermato.
Qui aveva stampato la sua prima opera seguendo le istruzioni contenute in un articolo della rivista statunitense Popular Mechanics.
Ha pubblicato più di una ventina di libri, ma l'opera più famosa resta il romanzo basato sulla sua esperienza in carcere: "La isla de los hombres solos" (L'isola degli uomini soli).
Josué era stato per due volte a San Lucas quando era ancora in prigione.
"Avevo probabilmente dieci anni", mi ha detto.
"Non riesco a ricordare se ero venuto a trovare un amico di famiglia o un parente.
Ma la prigione me la ricordo molto bene.
Anni dopo, quando ero al liceo, comprai il romanzo di Sanchez in un negozio di libri usati e da quel momento decisi che sarei ritornato sull'isola".Josué aveva trovato uno dei luoghi descritti nel romanzo.
"Si tratta della cella d'isolamento sotterranea", mi ha spiegato, mettendosi in ginocchio accanto a una botola.
"Alcuni detenuti trascorrevano interi mesi lì sotto e avevano diritto a soli quindici minuti d'aria ogni giorno".
Quando abbiamo aperto la botola è arrivato un odore terribile, un misto di terra umida e metallo corroso.
Improvvisamente mi sono sentito schiacciato dal peso della prigione: "Facciamo una pausa, usciamo da qui", ho detto a Josué.
Il sentiero fino a El coco, una spiaggia di sabbia bianca a pochi passi dalla prigione, era ombreggiato dagli enormi alberi che lo circondano.
Nel bosco s'intravedevano i resti di alcune baracche di legno.
Nel 1958 il penitenziario era stato trasformato in una fattoria-prigione.
I detenuti con una buona condotta potevano stare alcune ore fuori della struttura principale per pescare, curare i giardini o vendere ai visitatori degli oggetti di artigianato.
"Mio padre comprò un piccolo pesce di legno.
Lo conserva ancora", mi ha detto Josué.
Il penitenziario descritto da Leon Sancez prima del 1958 era un posto molto diverso: "Sentivo sulla mia pelle il fuoco dell'acciaio, i lunghi mesi trascorsi lontano dalla luce, le mie mani incatenate con il ferro e il disprezzo per la mia condizione di essere umano.

Nel penitenziario ho capito che l'uomo può ridursi come un cane".
Ma Leon Sanchez descrisse in maniera straordinaria anche la bellezza dell'isola, ancora più toccante se paragonata agli orrori della prigione.

COSTA RICA.

ALCATRAZ TROPICALE.

"L'isola di San Lucas, in Costa Rica, per anni ha ospitato una prigione.
Oggi è un parco naturale ricco di animali e vegetazione".

"Se non avete nulla da fare", è scritto sul muro della prigione, "non venite a farlo qui".
Un consiglio che doveva essere molto utile tra il 1883 e il 1989, quando il penitenziario dell'isola di San Lucas era sinonimo di crudeltà e isolamento.
Un posto dove i detenuti erano costretti a lavorare sotto il sole dei tropici: con le catene ai piedi spaccavano pietre e raccoglievano sale sognando la fuga.
Erano anni che desideravo venire qui: le antiche prigioni mi hanno sempre incuriosito.
Quando ho visitato le celle ho subito cercato di immaginare come avrei potuto resistere a un'esperienza del genere.
Mentre osservavo la struttura dell'ex prigione ho elaborato un piano di fuga.
E l'idea di dover scappare da un'isola è ancora più suggestiva.
Ma a giudicare dalla popolarità di Alcatraz e di altre ex prigioni, non sono l'unico a esserne affascinato.
Tra le attrazioni turistiche di questo genere, San Lucas è una delle più recenti.
Nel 2001 l'isola è stata nominata monumento d'interesse storico, scongiurando così la costruzione di un enorme resort.
Un'ottima notizia per la vecchia prigione, per gli otto siti archeologici precolombiani e per gli animali che vivono sull'isola, soprattutto scimmie, armadilli e pappagalli.
Nel periodo trascorso tra la chiusura del penitenziario e l'inaugurazione del parco nazionale, nel dicembre 2008, visitare San Lucas era quasi impossibile.
Poco prima dell'apertura ufficiale, sono sbarcato sul molo incrostato dove per un secolo sono arrivati i detenuti che dovevano scontare la loro pena in questa versione costaricana di Alcatraz.
Dopo aver affittato una "lancha" (una piccola imbarcazione) a Puntarenas, una città della Costa Rica che si affaccia sull'oceano Pacifico, ho raggiunto San Lucas in una ventina di minuti.
Le uniche anime sull'isola eravamo io, il mio amico Josué e due guardiani del parco.
Per essere precisi, eravamo le uniche anime viventi.
Si dice infatti che San Lucas sia abitata da fantasmi che vivono nella chiesa della prigione invasa dai pipistrelli o negli uffici dei piani superiori.
Gli spettri abitano anche nella vecchia mensa, piena di piante di fico strangolatore, e nelle celle umide, dove si avverte ancora la presenza dei detenuti che attendono di scontare la loro pena.
I fantasmi hanno lasciato vari messaggi sui muri: calciatori che segnano il gol della vittoria, un coltello che gronda sangue e un giaguaro che cammina furtivamente verso la piccola finestra di una cella.
Un gatto sorridente che dice:"Sonria al canaso" (sorridi alla pena che devi scontare).
Le croci abbondano, così come i Gesù dalla faccia triste e le madonne, tra cui una con la tunica che si allarga come il delta di un fiume.
Ma ci sono soprattutto dei disegni pornografici, da semplici scarabocchi di parti intime a scene più realistiche con molti protagonisti.
Sulla parete buia di una delle celle c'è un'enorme donna che barcolla su tacchi altissimi.
Indossa un bikini color ruggine disegnato con il sangue.


lunedì 22 febbraio 2010

COSTA RICA

INFORMAZIONI PRATICHE.

ARRIVARE E MUOVERSI.
Il prezzo di un volo dall'Italia per la Costa Rica (American Airlines, Iberia, Continental) parte da 608 euro a/r.
La capitale San José è a circa cento chilometri da "Puntarenas", da dove ogni giorno partono le barche per l'isola di "San Lucas".
Puntarenas si può raggiungere in auto o con gli autobus che ogni ora partono da San José (snipurl.com/nspdl,00506 222 0064).

CLIMA.
Il periodo migliore è la stagione estiva, da dicembre ad aprile.
A maggio comincia la stagione invernale, quella delle piogge.
Sono mesi in cui i prezzi per i turisti si abbassano.

NATURA.
L'isola di San Lucas si trova in un'area protetta.
Per legge, il 25 per cento degli introiti legati al turismo è destinato alla sua conservazione.

DORMIRE.
L'hotel Le Bergerac è vicino all'aeroporto di San José.
Ha un bellissimo giardino.
Il prezzo di una doppia parte da 80 euro a notte.






E' GIUSTO SAPERE:
Ho deciso di offrire a chi piace viaggiare (con la fantasia oppure in prima persona) una possibilità di scegliere degli intinerari prevalentemente avventurosi, che si distinguono per la loro diversità dai viaggi tradizionali.
Le descrizioni le traggo dal settimanale "INTERNAZIONALE" del quale sono abbonato ed affezionato lettore di tutti gli articoli che lo compongono.
Spero di fare cosa gradita a quanti mi leggeranno, ed auguro a tutti una piacevole lettura.
ERMANNO RARIS
PROFILO DELL"AUTORE E INDICE VIAGGI INIZIO BLOG "ERMANNO RARIS".
CANADA - NEW MEXICO (IN TRENO).

UN'ESPERIENZA PROFONDA.

E così ricomincio a cercare delle giustificazioni.
Seduto nel vagone ristorante, mentre guardo la scia degli aerei che squarcia il cielo sopra il monte Shasta, mi ripeto che sto facendo la mia parte nel rallentare la strage degli orsi polari.
Faccio ancora parte del problema ma, con un po' di fantasia, queste ore interminabili sembrano l'abbozzo di una soluzione .
Non è vero, forse, che viaggiare in treno è un'esperienza più profonda che andare in aereo?
E che la noia è logorante finchè non si impara semplicemente a godersi il momento che si sta vivendo?
Che cosa avrebbe detto del treno il filosofo Henry David Thoreau?
Sicuramente avrebbe affermato che la vera meta è il viaggio.
Per scrupolo ho controllato cosa pensava Thoreau dei treni.
Ecco qua:"Quel diabolico cavallo di ferro, il cui nitrito assordante si ode per tutta la città, con il suo zoccolo ha ridotto in fango Boiling Sprint ed è stato lui a travolgere tutti i boschi della casa Walden".
Si può considerare il treno come espressione di un ritorno nostalgico a un passato bucolico o come un mostruoso palazzo a due piani che sfreccia all'impazzata nel deserto, "in armonia" con il paesaggio come un grattacielo con aria condizionata a Dubai.
Può sembrare strano che io abbia deciso di viaggiare in treno sempre più spesso, ma sono convinto, del resto le prove non mancano, che anche gli altri dovrebbero fare la stessa cosa.
Io e la mia amica visiteremo presto l'isola di Andros, in Grecia, compiendo un mezzo giro del mondo.
Arrivarci in aereo costa 990 dollari a persona e ci vogliono trenta ore per andare e tornare.
Un viaggio di sola andata ad Andros, via terra e mare, dura almeno due settimane.
Il viaggio di ritorno dovrebbe costare 9.238,57 dollari.
E l'unico modo per dormire decentemente è fare una crociera transatlantica.
Sarebbe un'avventura.
Ci sarebbe tempo per sedersi e pensare.
E per interrogarsi sul fatto che abbiamo bruciato il petrolio e il gas del pianeta per alimentare macchine aspirafoglie, per costruire oggetti di plastica usa e getta o per mangiare le fragole a Natale.
Invece avremmo potuto risparmiare il petrolio e il gas usandoli per cose più rare e preziose, come il miracolo del volo.

sabato 20 febbraio 2010

CANADA - NEW MEXICO (IN TRENO).

IL LAVANDINO CHE PERDE.

Il treno crea una strana intimità con il mondo che lo circonda: correndo lungo la costa californiana sembra di poter saltar fuori dal finestrino e tuffarsi in mare o di poter allungare il braccio per prendere un sorso della bevanda di un membro di una baby-gang di Oakland.
Il mondo all'esterno ti ama: tutti salutano i treni.
I bambini, naturalmente, ma anche i contadini, le famiglie di Portland in gita in bicicletta, gli allevatori di lama, le squadre di calcio di detenuti, le ragazze che guidano Mustang d'epoca nere.
Una colonna sonora risuona ipnoticamente in testa.
"Born on a train" dei Magnetic Fields.
Un verso di Tom Waits: "Burlington Northern pulling out of the world..."
Che mondo, il sedere dell'America.
Anzi, sarebbe meglio dire il buco del culo.
Aree industriali e parcheggi di roulotte.
Fattorie polverose e sfasciacarrozze.
Una montagna di compost fatta solo di fiori tagliati male che puzzano come un cadavere su cui hanno versato del profumo.
Entrando a Los Angeles, le ultime luci del giorno sembrano marroni per lo smog.
E lungo gli acquedotti e dietro le mura di cinta dei quartieri residenziali ci sono gli intrepidi residenti del buco del culo d'America, gli accampati nel mezzo del nulla, i fannulloni, i migrati, i disperati, i vecchi che passano le giornate seduti dentro macchie d'ombra.
Sono gli unici che non salutano.
Il luccichio comincia a sbiadire mentre vira a est di Los Angeles.
Adesso sono solo, con una serie di malinconiche canzoni ferroviarie in testa.
Billy Bragg: "Train took my baby away from me...".
Comincio a notare certi dettagli del viaggio in treno: il bagno rotto nella carrozza 31, il frigorifero che non funziona nella carrozza bar, il menù del vagone ristorante con metà delle voci cancellate.
Per non parlare dell'acqua che esce dai lavandini: un misero rigagnolo si alterna a un'esplosione pneumatica ad altezza inguine.
Guardare fuori dal finestrino è bellissimo fino a quando non diventa buio.
Poi non ci starebbe bene un bel film?
Ho sentito dire che l'idea ha avuto un certo successo in altre aree del settore dei trasporti.
Magari è un bene che il più delle volte non ci sia campo per il cellulare.
Però una connessione wireless...
Sul treno ho dovuto scrivere a mano, usando una matita.
Nonostante mi trovassi a metà strada tra due "modeste" cittadine come San Francisco e Los Angeles.
Se la ferrovia è il futuro del trasporto su lunga distanza, nessuno deve aver avvertito l'Amtrak o la Via rail Canada, che sembrano avere entrambe il tacito motto:"Prendere l'aereo".
Chi fa programmi a lungo termine (come quelle persone che finiscono di fare regali di Natale a settembre) può fare affari d'oro con biglietti ferroviari.
I viaggiatori meno previdenti, invece, sono puniti con tariffe che raggiungono livelli insensati con l'avvicinarsi della data di partenza.
Comprando un biglietto aereo per Albuquerque lo stesso giorno della partenza avrei risparmiato 150 dollari sul prezzo della prenotazione in treno, dove ho passato delle mie 114 ore a bordo senza avere a disposizione una cuccetta.
E' un prezzo un po' alto da pagare quando si devono fare i conti con una responsabile del vagone che non mi fa nemmeno scegliere su quale lato del treno sedere, o con un'altra che mi rimprovera come un ragazzino di dodici anni quando mi addormento su un sedile vuoto.
Le lamentele contribuiscono a creare un senso di complicità tra persone intrappolate per molto tempo in uno spazio stretto.
Ognuno dice la sua di come dovrebbe funzionare il trasporto ferroviario.
C'è chi propone un cambio nelle priorità del governo e chi afferma che bisognerebbe ascoltare di più gli utenti.
Penso a un vagone-bar che assomigli a un vero bar invece che alla caffetteria di un ospedale.
Ci vorrebbero anche un vagone palestra, un'area riservata ai bambini e magari anche una band che suona dal vivo.
Ma la prima cosa da fare è aumentare i posti letto e abbassare i prezzi.
Niente di sfarzoso, ma un viaggio che dura giorni e notti non ha futuro se il viaggiatore non può nemmeno sedersi perchè non ci sono cuccette sufficenti.

venerdì 19 febbraio 2010

CANADA - NEW MEXICO (IN TRENO).

IL BISOGNO DI VAGABONDARE.

Per andare in aereo da Vancouver ad Albuquerque ci metto almeno dieci ore.
Nello stesso arco di tempo, il mio viaggio futuristico a bordo del Coast starlinght dell'Amtrak, lungo la ferrovia della Southern chief, mi porta solo fino in Oregon.
Però, se andassi e tornassi da Albuquerque in aereo sarei responsabile dell'emissione di 1.380 chilogrammi di anidride carbonica: un livello d'inquinamento pari a quello prodotto da un americano usando l'auto tra capodanno e i primi di settembre.
Viaggiando in treno si riduce l'impatto ambientale del 30 per cento rispetto all'aereo, con un risparmio di 966 chilogrammi di carbonio.
Per quelli come me vedere il mondo è quasi una necessità.
Ogni cultura e ogni epoca hanno i loro vagabondi: persone per le quali stare lontano da casa è importante come lo sono per altri le radici familiari o religiose.
Senza vagabondare ci sentiamo incompleti.
Ma se vogliamo continuare a esplorare gli angoli più remoti del pianeta, in futuro dovremo farlo in treno o in nave.
Non in aereo, perché è un mezzo di trasporto indifendibile.
Quando io e una mia amica siamo saliti a bordo (mi ha accompagnato per la prima tappa del viaggio, fino a Los Angeles) sognavamo la Transiberiana che ulula lungo la taiga russa, l'Orient express che lega come un filo le capitali europee, il piccolo Old patagonian express che si arrampica per i pendii andini.
Ognuno di questi treni ci vaceva venire in mente il suono conciliante delle ruote d'acciaio e il caleidoscopio panorama esotico che sfreccia dal finestrino.


CANADA - NEW MEXICO (IN TRENO).

IL FUTURO E' SU ROTAIA.

"Da Vancouver ad Albuquerque in treno.
Un mezzo di trasporto che inquina meno dell'aereo e che crea una strana intimità con il mondo che scorre fuori dal finestrino".

"La vera meta è il viaggio".
Si sente ripetere spesso questa frase durante i lunghi viaggi in treno.
Il problema è che io ho una meta precisa: Albuquerque, in New Mexico.
Scrivo questo articolo mentre sono ancora in treno.
Può capitare quando si sceglie di fare un viaggio di 7.870 chilometri su rotaia.
Nel mondo fuori dai finestrini del vagone-ristorante le persone si innamorano e si lasciano, gli imperi nascono e cadono, i grandi cicli della natura si rinnovano, mentre tu continui a stare sul treno.
Ho deciso di viaggiare in treno per vedere il futuro che, nel mio caso, ha la forma di un convoglio da acciaio luccicante che sbuffa salendo verso la Santa Lucia mountains, nella California meridionale, simile a un cammello svogliato.
A volte sembra quasi di andare indietro nel tempo, come la notte in cui il treno ha sferragliato vicino a un binario sperduto e il capostazione ha gridato: "Tutti in carrozza",.
Sembra il passato, ma è il futuro.

mercoledì 17 febbraio 2010

A MIO AVVISO E' UTILE SAPERE CHE:
In Italia esiste una attività che da più di 35 anni produce e commercializza "BANDIERE E RELATIVI ACCESSORI", da utilizzo sia per interni che per esterni, partendo dalle bandierine da tavolo e arrivando fino ai pennoni in alluminio oppure in vetroresina da mt. 5 a mt. 40.
L'attività in oggetto è la "B.A.F.A. BANDIERE" (vedi catalogo in internet).

PROFILO DELL'AUTORE E INDICE VIAGGI A INIZIO BLOG "ERMANNO RARIS").
ITALIA ("VENETO").

LA SCENOGRAFIA DI UN TEATRO.

Dopo aver visitato villa Godi a Lugo di Vicenza, una delle sue prime opere, mi convinco di essermi ormai fattomi un'idea del Palladio.
Vicenza, però, mi lascia spiazzato.
L'opera del grande architetto è incontaminata.
Mentre a Venezia le opere palladiane sono circondate da altri edifici, progettati dagli architetti più disparati, di epoche diverse.
Forse solo la chiesa del Redentore conserva l'atmosfera originaria.
L'arrivo a Vicenza di Palladio può essere considerato il frutto di una felice coincidenza: l'uomo giusto nel posto giusto e soprattutto al momento giusto.
Proprio quando Vicenza decise di spogliarsi del suo aspetto gotico, arrivò il Palladio.
In città ci sono 23 edifici palladiani ancora intatti, ognuno dei quali è stato dichiarato patrimonio dell'umanità dall'Unesco.
Altri 16 si trovano nei dintorni.
Anche gli altri eleganti palazzi cittadini, costruiti da architetti dell'epoca, sono chiaramente ispirati al Palladio.
Il risultato è un magnifico senso di unità, così armonico che sembra quasi la scenografia di un teatro: non mi stupirebbe vedere le persone vestite in farsetto e calzamaglia.
Il primo palazzo commissionato al Palladio a Vicenza è anche uno dei più famosi edifici pubblici della città, oltre a essere il simbolo.
Dato il nome e l'aspetto, davo per scontato che la basilica fosse una chiesa, anche se con questo termine gli antichi romani indicavano un edificio pubblico.
All'epoca Vicenza era sotto il dominio di Venezia e la basilica era la sede del consiglio cittadino.
Al Palladio fu affidato il compito di rimodernare l'edificio gotico preesistente.
L'architetto fece di più: lo trasformò completamente.
L'altissimo soffitto è sorretto da una loggia neoclassica a due piani di sorprendente semplicità.
La basilica si trova in piazza dei Signori, dal lato opposto rispetto a un altro edificio palladiano più recente, la loggia del Capitaniato, un arco di trionfo con massicci capitelli corinzi e balconi sporgenti.
Nulla, però, rappresenta il genio del Palladio meglio del suo ultimo progetto.
Prima che fosse costruito il teatro Olimpico, in Europa non esistevano teatri coperti permanenti: le rappresentazioni si svolgevano su palchi temporanei.
Secondo il progetto di Palladio, il teatro avrebbe dovuto prendere il posto delle ex prigioni sotterranee della città, vicino alla sponda del fiume.
L'influenza di Vitruvio è evidente: chi è stato in un teatro romano noterà un'atmosfera familiare.
Palladio non visse abbastanza per vederlo completato: morì nel 1580, passando al figlio il compito di finire l'opera.
Lascio Palladio con un'ultima curiosità: mi chiedo se, dopo l'inaugurazione del teatro, avrebbe preferito come dessert l'appiccicosa bussola con i pinoli e i canditi o un gelato alla mandorla.

lunedì 15 febbraio 2010

ITALIA ("VENETO").

SEGUENDO IL BRENTA.

Anche se Palladio nacque a Padova, dove imparò a fare il marmista, deve il suo nome a Vicenza.
Il suo vero nome era infatti Andrea di Pietro della Gondola, e soltanto dopo che arrivò a Vicenza, accompagnato da un mecenate illuminato, fu soprannominato Palladio, in riferimento alla dea greca Pallade Atena.
Il suo mecenate lo portò poi a Roma a studiare l'architettura classica e lo introdusse agli scritti di Vitruvio, architetto dell'imperatore Augusto.
Quando tornò dai suoi viaggi, nel 1542, Palladio era pronto a trasformare il mondo.
Non bisogna allontanarsi molto da Venezia per ammirare i suoi capolavori.
Seguendo il corso del Brenta, in direzione di Padova, si arriva a una delle più famose ville palladiane, villa Foscari.
E' un edificio che toglie il respiro: è poggiato su un basamento e sembra una reliquia di una grande epoca del passato (la facciata è la copia esatta dell'ingresso di un tempio romano).
La posizione ne accentua lo splendore : sia perchè la villa si erge su una curva del fiume sia perchè affaccia su palazzi moderni.
Fu costruita nel 1560 per la potente famiglia Foscari, ed è nota come La Malcontenta, probabilmente in memoria di una donna della famiglia che fu confinata qui per tenerla lontano da un amante veneziano.
Parte dell'abilità del Palladio consisteva nel riuscire a conciliare l'amore per l'architettura dell'antica Roma (soprattutto templi e terme) con le esigenze dei suoi clienti.
La sua fu l'epoca in cui i veneziani più ricchi cominciavano a trascorrere le giornate nei loro possedimenti fuori città.
Le ville di campagna oggi sembrano solo luoghi di svago (quasi tutte hanno grandi stanze), ma all'epoca c'erano anche ampi spazi destinati alle stalle e ampie soffitte usate come deposito per le granaglie.
Il Veneto non è seducente come il Chianti, né selvaggio come alcune zone dell'Umbria, ma è comunque affascinante.
La cosa più divertente è scoprire le opere di Palladio mentre il paesaggio ti scorre davanti.
Mi dirigo a nord, verso Maser, per vedere villa Barbaro, con gli affreschi del Veronese, una delle ville più belle d'Europa.
Da lì proseguo per Bassano del Grappa, sullo sfondo delle Dolomiti, dove il Palladio fece costruire un ponte coperto di legno per contrastare l'mpeto delle correnti del Brenta.
Il ponte rimase in piedi fino al 1944, quando fu minato dai tedeschi in ritirata.
Quello attuale è una ricostruzione realizzata secondo il progetto originale dell'autore.
Chiuso al traffico, il ponte è diventato una popolare meta per le passeggiate o per un sorso di grappa Nardini in uno dei due caffè sulle sponde.
ITALIA ("VENETO").

GITA CON PALLADIO.

"Sulle tracce del grande architetto veneto.
Oltre a chiese, ville e ponti, anche un menù di cinquecento anni fa".

Ci sono molte cose che mi piacerebbe chiedere ad Andrea Palladio.
Ma mentre me ne sto seduto in un ristorante nella campagna veneta la domanda più urgente è questa: all'architetto più influente del mondo piaceva veramente la bussola?
Me lo chiedo perchè questa specialità fa parte del "menù Palladio": è una tartina a base di pinoli e frutta candita, con un sapore che ricorda quello di un biscotto vecchio di cinquecento anni.
Inoltre, a ogni morso la tartina si attacca ostinatamente al mio palato.
"E' il sapore autentico del settecento, l'epoca del grande Palladio", mi spiega il proprietario del Molin Vecio, che ha fatto molti sforzi per ricostruire il menù storico.
Può darsi, ma non vuol dire che debba piacermi per forza.
Intanto getto uno sguardo carico di rimpianto al gelato di fico e mandorla - molto anni duemila - del menù moderno.
In difesa del Palladio (e del signor Boschetto, proprietario del Molin Vecio), devo dire che ho apprezzato molto tutto quello che ho visto e mangiato finora.
La bussola era stata preceduta da un'ottima minestra d'orzo e da un piatto di agnello affumicato con le castagne.
Prima di pranzo avevo partecipato a un banchetto ancora più sostanzioso fatto di palazzi, chiese, ponti e campanili magnifici.
Tutti progettati dall'uomo che più di ogni altro cercò di rendere chiese, banche e case simili ai templi greci e romani.
Il mio viaggio sulle tracce del Palladio comincia a Venezia.
Prima tappa, il Palazzo ducale, dove c'è la sala delle Quattro porte.
Anticamera del senato veneto.
La sala fu ristrutturata dall'architetto dopo essere stata distrutta da un incendio.
La tappa successiva è l'Accademia.
Come tutti, sono venuto a vedere gli affreschi, ma vengo subito distratto dalla bellezza del chiosco palladiano.
Da qui prendo il vaporetto per la Giudecca e la chiesa del Redentore, fatta costruire in segno di ringraziamento per la fine della peste del 1575.
La chiesa ha una delle facciate palladiane più famose di Venezia.
Un altro vaporetto e sbarco sulla vicina isola di San Giorgio Maggiore.
Palladio progettò un chiostro e una sala da pranzo per i monaci benedettini dell'isola, che successivamente gli chiesero di ristrutturare anche la cattedrale gotica.
La facciata neoclassica, che affaccia su piazza San Marco, è oggi un elemento portante del panorama veneziano, ma ancora più impressionante della chiesa è la vista dal campanile.
In una bellissima giornata di sole si può ammirare tutta Venezia, da San Marco al canal Grande fino al porto commerciale e le isole della laguna.
Un panorama così ampio e nitido non fa che mettere a nudo l'improbabile struttura urbanistica della città, un incontro unico di arte e architettura, romanticismo e affari.
Oltre questo luogo da sogno, dall'altra parte della laguna, si vede la terraferma, da dove riprenderà il mio viaggio.

ITALIA ("VENETO").

INFORMAZIONI PRATICHE.

ARRIVARE E MUOVERSI.
Per girare il Veneto alla ricerca delle opere del Palladio, conviene noleggiare un'auto (Europcar, Maggiore, Hertz).
Con la tariffa weekend un'auto costa in media 50 euro al giorno.

DORMIRE.
La suite Palladio dell'hotel Cipriani (hotelcipriani.com),costa 6.800 euro a notte.
Per una sistemazione più abbordabile, la pensione La Calcina (lacalcina.com, 041 520 6466) offre una doppia a partire da 100 euro a notte.
Le stanze che affacciano sul canal Grande guardano verso la chiesa del Redentore.
A Vicenza, l'hotel Campo Marzio (hotelcampomarzio.com, 0444 545 700) è vicino alla zona pedonale.
Una doppia costa da 115 euro a notte.

MANGIARE.
La trattoria Molin Vecio (0444 545 168) di Coldogno (dieci chilometri da Vicenza) offre il menù Palladio.


E' GIUSTO SAPERE:
Ho deciso di offrire a chi piace viaggiare (con la fantasia oppure in prima persona), una possibilità di scegliere degli intinerari prevalentemente avventurosi, che si distinguono per la loro diversità dai viaggi tradizionali.
Le descrizioni le traggo dal settimanale "INTERNAZIONALE" del quale sono abbonato ed affezionato lettore di tutti gli articoli che lo compongono.
Spero di fare cosa gradita a quanti mi leggeranno, ed auguro a tutti una piacevole lettura.
ERMANNO RARIS

domenica 14 febbraio 2010

PROFILO DELL'AUTORE E INDICE VIAGGI A INIZIO BLOG "ERMANNO RARIS".

sabato 13 febbraio 2010

U.S.A. ("BARTLESVILLE" - OKLAHOMA).

LA CASA SULL'ALBERO.

Quando fu inaugurata, la Price Tower suscitò il sarcasmo di molti: sembrava troppo vistosa e fuori moda in un periodo in cui le facciate di vetro lucido, come quelle della sede delle Nazioni Unite a New York, stavano dando una nuova forma al paesaggio statunitense.
Business -Week scrisse che gli impiegati di Price erano "vittime della scomodità".
Harold Price, senza lasciarsi innervosire dall'impennata dei costi, difese il suo grattacielo e affermò che "le critiche sull'architettura del signor Wrigt sono basate solamente su difetti minori, come le finestre mal isolate.
Nessuno ricorda la bellezza e l'efficienza del progetto".
Che non sia proprio questo il vero effetto Bartsville?
La Price Tower mi era sembrata non solo umile e bella, ma anche un luogo profondamente tranquillo, evidentemente la stessa cosa che pensava il signor Price rintanato al diciannovesimo piano.
Durante la mia seconda notte in città c'è stato un temporale.
Il cielo risplendeva alla luce dei fulmini e la pioggia scendeva a catinelle, facendo risuonare sui pannelli di rame una complessa serie di rullate di timpani e di arpeggi sgocciolanti.
Sembrava di stare in una casa sull'albero.
Credo che fosse esattamente quello che Frank Lloyd Wrigt aveva in mente.

venerdì 12 febbraio 2010

U.S.A. ("BARTLESVILLE" - OKLAHOMA).

QUI SI E' CERCATO di applicare lo stesso principio usando quattro piccoli ascensori, che hanno delle cabine formate da esagoni regolari.
"Non si preoccupi, prendo il prossimo", mi ha detto un signore con la valigia, quando l'ascensore si è fermato a un piano intermedio.
Per fortuna.
Sarebbe stato come condividere un box doccia.
La portata ufficiale dell'ascensore era di 680 chili, probabilmente uno scherzo dell'ingegniere che lo ha costruito.
La mia stanza al settimo piano era un ex ufficio che mostrava una grande avversione per gli angoli retti, soprattutto a causa della sua doccia trapezoidale.
Le camere sono state progettate dall'architetto newyorchese Wendy Evans Joseph, che ha sempre detto di non voler realizzare degli interni in stile "finto Lloyd Wrigt".
E infatti sembrano avere lo stile moderno tipico dei piccoli hotel di lusso.
Il ristorante e il bar (Copper Rame) si trovano al quindicesimo e al sedicesimo piano e anche qui gli spazi ristretti sono sfruttati al massimo.
Il ristorante ha due terrazze, in parte coperte da pannelli di rame.
Somigliano un po' al nascondiglio segreto del cattivo di "Austin Powers" e sembrano il posto giusto dove sorseggiare del vino e progettare il dominio del mondo, mentre il sole cala sulle Osage hills.
Le Prince Tower è un luogo accattivante, e chi ci abita non sente mai il desiderio di lasciare l'edificio.
Realizzando forse il sogno di Wright: un ambiente autosufficente.
Passeggiando per Bartlesville ho ammirato i palazzi dei primi petrolieri.
Poi ho visitato la città di Dewey e le sue bancarelle d'antiquariato.
Grazie al boom del settore petrolifero l'Oklahoma è un terreno fertile per le anticaglie, provenienti dalle soffitte.
Io ho trovato un proiettore per diapositive, una zuccheriera di vetro a forma di arancia e una guida della fiera mondiale di New York del 1964.
Il tutto per meno di sei dollari.
Ho visitato anche il vicino museo Phillips 66, molto più interessante di quanto avessi immaginato.
Lì ho capito che gli hula hoop, fatti usando un additivo per la benzina o una resina plastica, sono molto più complicati di quanto si possa immaginare.
Nel 2003 il New York Times ha definito Bartlesville un'aspirante "Bilbao dove si mangia pollo fritto", riferendosi al progetto di un nuovo centro artistico ai piedi delle Price Tower.
Un'ala della costruzione è stata commissionata all'architetta irachena Zaha Hadid e un modello del centro mostra una struttura a forma di boomerang posizionata attorno al grattacielo.
La costruzione è in fase di studio, in attesa dei finanziamenti necessari.
Ho passato gran parte del tempo nella mia stanza, provando la piacevole sensazione di sapere che in fondo era proprio quella la meta del mio viaggio.
Lì ho cercato su Google la frase "effetto Bilbao", un metodo per rilanciare l'economia di una città dimenticata, costruendo edifici d'avanguardia.
I risultati erano più di diecimila.
Invece cercando " effetto Bartlesville" non ho ottenuto nessun risultato.
Questo dato ci dice qualcosa sul cambiamento del ruolo dell'architettura come mezzo di sviluppo economico.
La Price Tower non è mai stata al centro di un piano locale per favorire il turismo.
E' stata più che altro un gesto di generosità di Harold Price nei confronti della gente di Bartlesville, miscelato a un po' di egocentrismo.

sabato 6 febbraio 2010

U.S.A. ("BARTLESVILLE" - OKLAHOMA).

BOLLITO DI CAVOLI.

Guardando il filmato di presentazione dell'edificio mi sono fatto un'idea più precisa dell'opera di Wright e ho capito come era stato costruito il grattacielo.
L'edificio, anche se è stato realizzato negli anni cinquanta, sembra inserito in una capsula temporale proveniente da un'epoca precedente.
Il progetto, infatti, riciclava alcuni disegni di Wright del 1929, per una serie di torri a New York mai realizzate.
La metafora centrale del progetto è quella dell'albero (Wright amava descrivere il grattacielo come "un albero che è fuggito dall'affollata foresta").
Il tronco è rappresentato da una grande struttura centrale e i rami sono i piani di cemento rinforzato, che non superano gli otto centimetri di spessore.
A completare il tutto ci sono dei pannelli di rame con incise varie forme geometriche, oltre a una serie di finestre e di piccole ali di rame, come tante foglie, che proteggono le stanze dalla luce del sole.
Alcuni piani ospitano tre uffici più un doppio appartamento.
L'idea di Wright era che i lavoratori di Price avrebbero avuto la possibilità di vivere su un piano e lavorare in un altro.
Un'idea troppo strana per Bartlesville, dove si impiegano appena tre minuti per spostarsi in bici dal centro ai quartieri residenziali.
E una soluzione poco pratica: immagino che il bollito di cavoli dell'appartamento 7A non avrebbe fatto felici i lavoratori dell'ufficio 7B.
Il grattacielo è uno spazio che si adatta all'ospite come un comodo paio di jeans (nonostante io abbia una forma più simile a un triangolo).
Uno dei miei ambienti preferiti è l'ufficio personale di Price al diciannovesimo piano, uno degli uffici più eccentrici che abbia mai visto.
"Il grattacielo è composto da diciotto piani fatti per sostenere l'ufficio di mio padre", ha detto una volta Joe, figlio di Price.
Una scrivania a cinque lati si trova in uno spazio che ha il soffitto più alto del resto della stanza.
Poi ci sono una terrazza privata e un grande muro composto da tanti vetri colorati a forma triangolare.
Inoltre è possibile godersi degli splendidi scorci di cielo.
Nulla di mostruoso o di simile a una trappola per uomini.
Wright era famoso per i suoi giochi di prestigio architettonici.
In uno di questi i visitatori passano attraverso un atrio basso e stretto, che fa sembrare molto più grande la stanza su cui si sta per entrare.
Un espediente semplice ed efficace.




mercoledì 3 febbraio 2010

U.S.A. ("BARTLESVILLE" - OKLAHOMA).

PANORAMICA DALL'ALTO.

"A Bartlesville, nella prateria dell'Oklahoma, dove svetta uno dei rari grattacieli costruiti dall'architetto Frank Llojd Wright".

Nel 1952 un uomo d'affari dell'Oklahoma chiamato Harold Price incontrò l'architetto Frank Lloyd Wright, che all'epoca aveva 85 anni, per chiedergli di progettare la sede principale della sua azienda petrolifera a Bartlesville.
Wright accetò l'offerta.
Price gli disse che l'edificio doveva essere a tre piani e non doveva costare più di 750mila dollari.
Wright suggerì invece di costruire una torre di dieci piani, "con ascensori moderni e tutto il resto".
Come spiegò in seguito Price, i due arrivarono "a un compromesso di diciannove piani".
La Price Tower, completata nel 1956, costò 2,1 milioni di dollari.
Questo monumento alle capacità di persuasione di Wright domina ancora Bartlesville, una cittadina di 35mila abitanti, ed è probabilmente uno dei grattacieli più strani costruiti.
Wright aveva un rapporto complicato con gli edifici molto alti.
Li definiva una "pericolosa trappola umana di dimensioni mostruose".
Eppure progettò un grattacielo di 528 piani con ascensori a energia atomica, ognuno con cinque cabine (mai realizzato).
La Price Tower è l'edificio più alto costruito da Wright e si staglia tra le basse colline dell'Oklaoma come il museo Guggenheim si incastra tra i grattacieli di Manhattan.
L'ho vista per la prima volta dici anni fa.
Era una domenica mattina d'inizio estate e i raggi del sole trafiggevano il paesaggio.
La luce era talmente forte e la città talmente vuota che mi sembrava di vagare in un plastico: mi aspettavo di vedere da un momento all'altro dei piccoli modelli di albero o una coppia senza volto disegnata da Giacometti.
Girandoci intorno, il grattacielo cambiava aspetto come un ologramma.
Da un lato somigliava a una scultura lucida intarsiata di turchese, dall'altro a una bozza complicata di un teorema geometrico.
Mi limitai a premere la faccia contro il vetro della porta principale, ma non riuscì a risolvere i miei dubbi.
Anni dopo ho letto che la Price Tower era stata donata dal suo ultimo proprietario, la Phillips Petroleum, a un'organizzazione artistica non profit, che l'aveva convertita in un albergo con 19 stanze, comprese alcune suite all'ottavo piano.
Inoltre c'era un centro artistico al piano terra, un ristorante, un bar e altri uffici.
Ho deciso di tornare a Bartlesville, per conoscere un po' meglio la città e lo stesso Wright.
Il famoso architetto progettava strutture basate su una particolare forma geometrica.
Per la Price Tower scelse il triangolo.
Amava la forma triangolare perchè, scrisse, "permette una flessibilità dei movimenti umani che il rettangolo non può offrire".
Più ci si sofferma a pensare a questa affermazione, come avviene per molte altre scritte dall'architetto, meno la si capisce.
Le rifiniture, le scale e le colonne formano tutte degli angoli acuti.
Anche le coperture del parcheggio hanno una forma triangolare.

U.S.A. ("BARTLESVILLE" - OKLAHOMA).

INFORMAZIONI PRATICHE.

ARRIVARE E MUOVERSI.
Il prezzo di un volo dall'Italia (Continental, American Airlines, British Airways) a Tulsa parte da 603 euro a/r.
Bartlesville è a un'ora di auto dall'aeroporto.Se si è appassionati di architettura, Tulsa offre un'importante collezione di edifici Art Deco.
Per maggiori informazioni: snipurl.com/kq2io.

DORMIRE.
L'Inn, nella Price Tower (00918 336 1000, innatpricetower.com), ha 19 stanze.
Una doppia costa 105 euro a notte.
Tutti i giorni, escluso lunedì, è possibile partecipare alle visite guidate della Price Tower.
Il piano terra ospita alcune mostre permanenti, un plastico del grattacielo e una mostra di arredi e oggetti disegnati da Frank Lloyd Wright.

PETROLIO.
Il "Phillips 66" è il museo di Bartlesville dedicato agli oggetti fatti con i derivati del petrolio (phillipsmuseum.com).

PROFILO DELL'AUTORE E INDICE VIAGGI A INIZIO BLOG "ERMANNO RARIS".
A MIO AVVISO E' UTILE SAPERE CHE:
In Italia esiste una attività che da più di 35 anni produce e commercializza "BANDIERE E RELATIVI ACCESSORI", da utilizzo sia per interni che per esterni, partendo dalle bandierine da tavolo e arrivando fino ai pennoni in alluminio oppure in vetroresina da mt. 5 a mt 40.
L'attività in oggetto è la "B.A.F.A. BANDIERE" (vedi catalogo in internet).

martedì 2 febbraio 2010

LITUANIA.

GLI ARCHIVI DEL Kgb.

Il parco storico di Grutas, nel sudest del paese, è uno dei siti turistici più visitati della Lituania.
Nato dall'iniziativa di un uomo d'affari locale, Viliumas Malinauskas, il parco ospita tutti i monumenti sovietici che si trovavano nel paese prima della caduta dell'Urss.
All'inizio degli anni novanta c'era chi voleva distruggerli, ma Malinauskas ha pensato che non fosse giusto cancellare cinquant'anni di storia, anche se sono stati terribili.
Con suo grande rammarico non ha potuto depositare nel parco l'immenso monumento alla gloria dell'Armata rossa che spicca su un ponte del centro di Vilnius dove, ogni 9 maggio (in Russia è il giorno dell'anniversario della vittoria sulla Germania nazista), dei veterani di guerra depongono delle corone di fiori.
Il parco, però, non ha il patrocinio dello stato lituano, che non finanzia questo genere di celebrazioni.
Cosa che invece fanno le autorità moldave.
Vilnius ospita anche un museo dedicato all'oppressione sovietica in Lituania.
Una parte dell'ex quartier generale del Kgb a Vilnius è stata trasformata in un luogo della memoria.
Sulla sua facciata si possono leggere i nomi delle persone che sono state fucilate o che sono morte sotto tortura: 1.037, secondo le cifre ufficiali.
In tutti i sotterranei si visitano luoghi di detenzione e di tortura.
Il Kgb ha tolto la vita a migliaia di persone e le ha sepolte in fosse comuni.
Molti pensano che queste fosse devono ancora essere individuate.
Le autorità del museo organizzano regolarmente in tutto il mondo delle mostre, con fotografie e documenti vari.
Secondo Eugenijus Peikshienis, direttore del museo, il Kgb è riuscito a distruggere alcuni incartamenti, mentre altri sono stati fatti rientrare in Russia.
Molti dossier sono stati salvati soprattutto grazie alla mobilitazione dei cittadini, che hanno assediato l'edificio evitando che venissero svuotati gli archivi.
Oggi i dossier sono pubblici e gli ex collaboratori della polizia politica non possono più lavorare nella pubblica amministrazione e nemmeno nelle scuole.
In Moldova una legge così sarebbe impensabile.
D'altronde quando il governo moldavo vuole che qualcuno parli bene del paese fa pubblicare dei reportage a pagamento illustrati con la foto del presidente Vladimir Voronine.
LITUANIA.

"LA LITUANIA è stata obbligata a soddisfare tre condizioni supplementari oltre a quelle imposte a tutti gli altri paesi che si preparavano ad aderire all'Unione europea: riformare l'agricoltura, risolvere il problema del transito per l'enclave russa di Kaliningrad e trovare una soluzione alla questione nucleare" (la Lituania continua a sfruttare una centrale nucleare di tipo sovietico, Ignalina), spiega Austrevicius.
Inoltre ci tiene a dirmi che dal 2004, l'anno dell'adesione, in Lituania sono cambiate molte cose.
Gli scambi commerciali con la Federazione russa aumentano ogni anno del 40 per cento.
Anche se gli stati baltici sono quelli che pagano il gas russo al prezzo più caro, perfino più caro di quello che paga la ricca Germania.
Dopo l'adesione all'Unione europea, gli agricoltori lituani hanno approfittato a pieno delle sovvenzioni europee.
Non è stato facile perchè la metà della popolazione lavora la terra e i contadini si sono dovuti adattare alle regole comunitarie: far registrare le loro aziende agricole e rispettare degli standard di qualità.
I giovani agricoltori sono stati incoraggiati a creare nuove aziende e, presto, i prodotti lituani sono diventati competitivi sul mercato europeo.
La viceministra dell'agricoltura, Virginija Zostautiene, mi ha spiegato che il processo di restituzione delle terre confiscate ai proprietari durante la collettivizzazione sovietica si è quasi concluso.
Il numero di alberghi in Lituania è raddoppiato dopo l'ingresso nell'Ue, e anche il numero dei turisti è notevolmente aumentato, raggiungendo la cifra di due milioni all'anno.
La maggior parte arriva da paesi vicini, come la Bielorussia e la Polonia, ma anche dalla Germania e dalla Gran Bretagna.
Inoltre il governo di Vilnius è riuscito a concludere con il presidente della Bielorussia, Lukashenko, un accordo di libera circolazione che permette agli abitanti delle regioni vicine alla frontiera di recarsi senza visto in Lituania. Il governo moldavo, invece, non ha voluto fare la stessa cosa con la Romania.
La crescita degli introiti legati al turismo è favorita da una buona rete stradale e dalle ottocento case contadine sparse in tutto il paese, ristrutturate e affittate ai turisti.
A Druskininkai, stazione balneare del sud del paese, la vicesindaca Kristina Miskiniene racconta che la città era in agonia quando nel 1991 c'è stato il crollo dell'Unione Sovietica.
I turisti erano scomparsi, gli abitanti non avevano più lavoro e stavano lasciando il paese.
Per risolvere la situazione le autorità cittadine hanno tentato di attirare investitori offrendogli numerose agevolazioni, compreso l'esonero dei tributi locali.
Un po' alla volta la città si è ripresa e ora ha una struttura balneare, costruita con i fondi europei, che è la più importante della regione.

lunedì 1 febbraio 2010

LITUANIA.

IL RISVEGLIO LITUANO.

"Vilnius, capitale europea della cultura per il 2009, vista da un giornalista moldavo.
La città baltica ha saputo sfruttare al meglio le opportunità offerte dall'Ue".

Anche se hanno lo stesso numero di abitanti, e cinqunt'anni di storia in comune nell'Unione Sovietica, la Lituania e la Moldova sono oggi due paesi molto diversi.
La Lituania ha relegato nei musei il dolore vissuto durante l'epoca sovietica e ora, da quattro anni, sfrutta a pieno lo status di membro dell'Unione europea.
La Moldova, invece, è separata dall'Unione da un confine con il filo spinato e deve ancora risolvere il conflitto con la regione separatista della Transinistra.
La sensazione che si prova dopo aver visitato la Lituania e parlato con i suoi abitanti è che la mentalità balcanica è superiore in tutto e pertutto a quella moldava.
Durante il mio soggiorno di una settimana a Vilnius non ho visto neanche un poliziotto per le strade, cosa assolutamente stupefacente per chi viene dalla Moldova.
I poliziotti in servizio vicino alle sedi delle istituzioni sono in borghese, e le uniche persone in alta uniforme sono i soldati addetti all'alzabandiera: una cerimonia che si ripete, soprattutto per i turisti, ogni domenica alle 10.45.
In questa città la parola d'ordine è pulizia.
Un aspetto che contribuisce a valorizzare l'antica architettura della capitale lituana,un'eredità del passato che il regime comunista, per fortuna, non è riuscita a distruggere.
Inoltre Vilnius ha restaurato i suoi monumenti, per prepararsi al meglio a diventare la capitale europea della cultura per il 2009.
Durante la campagna elettorale del novembre 2008 è stata vietata la pubblicità per i candidati sia sulle tv locali sia per le strade.
"Una decisione che è stata presa per prevenire il finanziamento illegale ai partiti e il riciclaggio del denaro, una pratica molto comune tra gli uomini d'affari russi", mi spiega Marius Laurinavicius, vicecaporedattore di Lietuvos Rytas, il più importante quotidiano lituano.
Qui la stragrande maggioranza della popolazione è favorevole all'Unione europea e all'alleanza atlantica.
Inoltre non esiste nessun partito di populisti o di nostalgici del comunismo che promettono di ridurre il prezzo del pane.
Petras Austrevicius, che è stato il negoziatore capo durante il processo di adesione della Lituania all'Unione europea, afferma che il cammino è stato lungo e faticoso, ma che ne è valsa la pena.
L'adesione è stata possibile grazie a una forte volontà politica e al sostegno popolare, su buone basi sociali e economiche.


LITUANIA.

INFORMAZIONI PRATICHE.

ARRIVARE.
Il prezzo di un volo dall'Italia (Czech Airlines, Air Baltic, Brussels Airlines) per Vilnius parte da 804 euro a/r.

CLIMA.
Il periodo migliore per visitare Vilnius va da maggio a settembre, quando la temperatura è mite.
Il mese più piovoso, però, è luglio.

DORMIRE.
Il B&B San Bernardinu (003705 261 5134, snipurl.com/kanwp) ha una decina di camere ed è ospitato in un palazzo del seicento.
Si trova nella parte più antica di Vilnius.
C'è anche un piacevole giardino.
Una doppia costa 48 euro a notte.

CULTURA.
Vilnius è stata nominata dall'Ue capitale europea della cultura per il 2009, insieme a Linz (Austria).


E' GIUSTO SAPERE:
Ho deciso di offrire a chi piace viaggiare (con la fantasia oppure in prima persona) una possibilità di scegliere degli intinerari prevalentemente avventurosi, che si distinguono per la loro diversità dai viaggi tradizionali.
Le descrizioni le traggo dal settimanale "INTERNAZIONALE" del quale sono abbonato ed affezionato lettore di tutti gli articoli che lo compongono.
Spero di fare cosa gradita a quanti mi leggeranno , ed auguro a tutti una piacevole lettura.
ERMANNO RARIS
PROFILO DELL'AUTORE A INIZIO BLOG "ERMANNO RARIS".