martedì 30 giugno 2009

Nel suo centro di addestramento di Buxtehude ha un simulatore per il pilotaggio delle navi, in cui gli ufficiali imparano a eseguire manovre che coinvolgono pilotine, elicotteri e pescherecci e a fronteggiare situazioni di pericolo, come il rischio di collisione con una petroliera in condizioni di visibilita' ridotta e con il vento forza dieci.
La Nsb è un esempio del boom vissuto dal trasporto marittimo per merito della globalizzazione, che ha creato nuove opportunita' dopo la crisi degli anni ottanta. Rinomate societa' di navigazione con le loro accoglienti sedi, impregnate di fumo di sigari e vapori di cognac, si sono lasciate sfuggire l'occasione di inserirsi nel nuovo giro d'affari, mentre sono cresciuti da un giorno all'altro dei novellini che non avevano ancora i contatti giusti.
I porti mercantili che vivacchiano a stento hanno fatto appena in tempo ad attrezzarsi per accogliere il traffico in continuo aumento, e da allora registrano un record dopo l'altro nel fatturato. Hanno conosciuto una vera rinascita anche i cantieri navali, che fino a poco tempo fa erano solo un motivo di preoccupazione per le economie nazionali.
Le prenotazioni di nuove navi arrivano fino al 2010: nei prossimi anni saranno costruite piu' di mille portacontainer con una capacita' complessiva di cinque milioni di Teu, quattro quinti delle quali nei cantieri della Corea del Sud, del Giappone e della Cina, che dal 1990 hanno quadruplicato la produzione.
Anche le dimensioni delle navi continuano ad aumentare: attualmente la piu' grande è la Emma Maersk, che ha una portata di undicimila container standard.Ma sui loro tecnigrafi gli ingegneri stanno gia' progettando navi da 21mila Teu. Ci sara' bisogno di rafforzare gli equipaggi, e gia' oggi c'è carenza di marinai, ufficiali di macchina, ingegneri, ufficiali di coperta e capitani.
UN SIMBOLO DELLA GLOBALIZZAZIONE.

Sulla mia cabina c'è scritto "owner" (armatore). Dal suo aspetto si direbbe che il proprietario della nave non ci abbia mai messo piede. La Msc Texas è di per sè un simbolo della globalizzazione: naviga sotto bandiera tedesca ed è immatricolata ad Amburgo, ma come molte altre navi mercantili non ha mai visto il suo porto di appartenenza.
Dopo il viaggio inaugurale dalla Corea del Sud in America, ha continuato ad andare avanti e indietro come un autobus tra la Cina e Stati Uniti in base a una tabella di marcia fissa e con scali sempre uguali. E' stata presa a nolo dalla Mediterranean Shipping Company (Msc), che ha sede in Svizzera, precisamente a Ginevra, ma è una compagnia marittima italiana fondata nel 1970.
E' la seconda al mondo nel settore del trasporto via container e gestisce 346 navi: oltre al suo ufficio di Sorrento e al quartier generale di Ginevra , la Msc ha 390 uffici in 146 paesi con tremila dipendenti in tutto il mondo.
La proprietaria della Msc Texas è la tedesca Conti-Unternehmensgruppe di Monaco di Baviera. La gestione della nave è stata affidata alla Niederelbe Schiffahrtsgesellschaft (Nsb), che ha sede a Buxtehude, vicino ai porti di Amburgo e Brema. La Nsb, che ha appena festeggiato il suo venticinquesimo anniversario, è una delle piu' importanti imprese armatoriali tedesche: è specializzata in container e ha filiali in Florida, a Mangalia, in Romania, a Pusan, in Corea del Sud, e a Singapore.
Da' lavoro a 180 impiegati amministrativi e a 2.500 marittimi, e gistisce cento navi.

lunedì 29 giugno 2009

A parte queste merci, la sistemazione del carico è decisa in base a criteri legati al peso. se i pesi sono disposti male, infatti, la nave puo' inclinarsi. La Msc Texas ha un sussulto quasi impercettibile mentre inghiotte nella stiva i container piu' pesanti. Per il resto è solida come un palazzo. D'altronde è una specie di edificio. A parte gli oblo', l'interno della mia cabina è in tutto e per tutto simile a una buona camera d'albergo: letto matrimoniale, divano, cinque sedie, tavolino, due scrivanie, frigorifero e bagno con doccia e toilette.
Ho contato 25 stipi e 13 cassetti di ogni dimensione, e mi sono chiesto come avrei dovuto ripartire il contenuto della mia piccola valigia. Le sedie da ufficio, prive di ruote sono assicurate alle scrivanie con degli elastici, le porte degli stipi hanno un sistema di chiusura sicuro, e per poter aprire i cassetti occorre sollevarli.
Wolms ha liquidato con un sorriso la mia osservazione che il Pacifico è tranquillo in confronto all'Atlantico e ha mormorato qualcosa a proposito dei tifoni che spazzano le coste dell'Asia sudorientale.
Per precauzione mi sono assicurato che ci fosse il salvagente nell'apposito cassetto, quello contrassegnato da una scritta luminosa. Ho studiato le istruzioni da seguire in caso di allarme generale (sette scampanellate brevi, una lunga) e mi sono impresso nella memoria il segnale di abbandono della nave: breve, semilungo, breve, semilungo. Mentre pensavo all'eventualita' di cadere in mare nel mezzo dell'oceano, ho calcolato che un buon nuotatore impiegherebbe poco meno di due anni per attraversare i circa settemila chilometri che lo separano dalla riva piu' vicina.
La mia cabina si trovava sul ponte F, sotto quella del master. Quando sono salito a bordo Udo Wolms, il primo ufficiale, mi ha accompagnato fino alla porta.Anche lui è cresciuto in una localita' di mare tedesca, ma dall'altra parte della cortina di ferro : a Stralsund, nell'ex Ddr.
Wolms è responsabile delle condizioni della nave e del carico: lavora sempre con delle tabelle che regolano la disposizione dei container sulla nave. E' un compito che si esegue con una matita, un po' di matematica e quella dose di intuito che solo l'esperienza puo' fornire.
Wolms non sa cosa c'è nei singoli container. Non lo sa nessuno a bordo, neanche il comandante. A meno che non si tratti dei container bianchi refrigerati, che contengono generi alimentari come frutta, verdura, vino o gamberi e devono essere allacciati a una presa elettrica,oppure dei container con merci pericolose, che devono essere stivati in zone particolarmente sicure e non devono mai finire fuori bordo, come puo' succedere quando c'è cattivo tempo.
Tuttavia accade che dopo un paio di giorni di viaggio si cominci a sentire l'odore della merce nei container. Per esempio di quelli pieni di pelli di mucca, che vengono spedite in Cina per essere concioate: dopo un po' cominciano a cuocersi nella calura subtropicale e dai container fuoriesce una brodaglia maleodorante insieme a nugoli di mosche. Ho chiesto a Wolms che generi di materiali pericolosi possono esserci nei container speciali. Pensavo che mi parlasse di sostanze chimiche, di combustibili nucleari di armi di distruzione di massa. Invece mi ha risposto: "Profumo, lacca per capelli e cotone, che puo' bruciare per autocombustione".

sabato 27 giugno 2009

Il capitano di un mostro simile viene chiamato "master". Quello della Msc Texas è Horst Trumper. Ha navigato in tutti i mari del pianeta e sembra abbastanza contento di essere vicino alla pensione.E' cresciuto a Brema e ha sempre amato il mare, il suo movimento è quella solitaria tranquillita' che si prova solo sull'acqua.
Quest'uomo dall'ironia malinconica sa sorprendere per la sua "delicatezza d'animo" come quando mi ha spiegato perchè non ama avere a bordo passeggeri: è per via di tutte quelle scartoffie che gli tocca compilare in caso di decesso.
In realta' non diceva sul serio, voleva solo divertirsi. Mi ha concesso il privilegio di sedere alla sua mensa insieme agli ufficiali e agli ingegneri. Quel posto a tavola era un buon punto d'osservazione per capire la rotta che stava prendendo non solo la nave ma anche il mondo.

Questi uomini sono testimoni diretti della trasformazione globale: hanno visto con i loro occhi come i villaggi dei pescatori della Cina meridionale siano diventati delle citta' con milioni di abitanti nello stesso arco di tempo che in Germania si impiega per aggiustare un marciapiede.
Il fatto che nel loro paese tutto sembri bloccato, che il progetto di costruzione di una strada si fermi solo perchè è stata avvistata una specie rara di uccelli,gli sembra assurdo rispetto alla mancanza di scrupoli nei confronti delle persone, del diritto e dell'ambiente che la Cina dimostra nell'avanzata con cui ha gia' scavalcato la Germania, un tempo campione mondiale dell'esportazione.
Una volta i cinesi importavano gli impianti portuali, ora li copiano con la stessa efficenza con cui prima duplicavano software, cd musicali e film.
Comandare una nave come la Msc Texas è un affare serio. Portacontainer di queste dimensioni costano circa sessanta milioni di euro e spesso portano un carico in merci che puo' valere piu' di un miliardo. Quanto basta per riempire con ogni tipo di prodotti un centro commerciale con una superficie di vendita di centomila metri quadrati: vestiti, scarpe, giocattoli, articoli sportivi,videogiochi, mobili e molto altro ancora. Master Trumper è pronto a scherzare su molte cose, ma quando si tratta di sicurezza non vuole sentire battute.
Non bisogna essere un fisico per capire che l'inerzia di un "proiettile" del genere, comè solito chiamarlo lui, puo' far sì che una manovra sbagliata si traduca in una catastrofe. Con i suoi 25 nodi ( pari a 47 chilometri all'ora), la Msc Texas ha una velocita' quasi pari a quella dei delfini che abbiamo visto durante la traversata: ma a differenza di loro, non puo' frenare rapidamente.

venerdì 26 giugno 2009

. IL COMANDANTE TRUMPER.

Ma i numeri non bastano a farsi un'idea di quello che mi aspetta. Con tutti quei container impilati uno sull'altro si potrebbe costruire una torre alta 21 chilometri, piu' del doppio della quota a cui viaggia un Boeing 747.
La nave è lunga piu' di tre campi di calcio ed è nove metri piu' larga del canale di Panama (per questo appartiene alla cosidetta classe post-panamax, che non puo' superare il sistema di chiuse tra l'Atlantico e il Pacifico). La Msc Texas è stata costruita dal cantiere Hyundai heavy industries, in Corea del Sud, ed è stata varata nel 2004.
Il porto di Long Beac ha dovuto prepararsi un anno intero per accoglierla, dato che non era adatto a navi di queste dimensioni. I canali di accesso sono stati dragati, e approfonditi: a pieno carico, la Msc Taxas ha un pescaggio di 14,5 metri.

giovedì 25 giugno 2009

. COME I LILLIPUZIANI.
Quando mi sono trovato nel mezzo dell'area portuale, non potevo immaginare che quello davanti ai miei occhi era niente in confronto a cio' che avrei visto in Cina a Xiamen, Chiwan, Hong Kong e Yantian, i porti toccati dalla Msc Texas.
I non addetti ai lavori non arrivano mai troppo vicino alle gru a cavaliere, agli autocarri pesanti, ai magazzini per i container e alle navi da carico, ma restano impressionati anche osservandoli da lontano. Quando poi ci si trovano in mezzo, si sentono come i lillipuziani a Brobdingnag: vedono macchine di dimensioni da sembrare del tutto sproporzionate rispetto all'esiguo numero di persone che le manovrano.
I gruisti, infatti, sono chiamati "insetti spaziali": lavorano in piccole cabine ad altezze vertiginose e manovrano le forca da container, una piastra d'acciaio quadrata da cui partono quattro ganci che si inseriscono nei container sulla banchina, li sollevano sulla nave e li calano nella stiva o li posano sul ponte superiore.
Questi giganteschi scatoloni devono essere posati con precisione sulle guide per la movimentazione, in modo da non ammaccarsi e da poter scendere dolcemente, come la cabina di un ascensore, ai piani inferiori della stiva. I giovani manovratori, che si sono fatti le ossa sui simulatori, svolgono il loro compito con velocita' e precisione.
Ogni container, che pesa 32 tonnellate, viene stivato in novanta secondi. In un'ora, quindi, vengono movimentate 1.280 tonnellate di merci. Tutto il lavoro è scandito al ritmo di novanta secondi: l'arrivo e la partenza dei camion portacontainer, il prelevamento e lo scarico dei container da parte della gru a cavaliere, lo smistamento e la movimentazione nella stiva.
In questa coreografia di uomini e macchine si alternano, un turno dopo l'altro, le squadre di portuali con gli elmetti gialli di plastica, le tute arancioni e le scarpe di sicurezza con le punte rinforzate in acciaio. Ciascuna delle sei gru a cavaliere lavora su una delle sezioni della nave: le operazioni di carico e scarico avvengono contemporaneamente. Non è ammesso neanche un secondo di ritardo se non si vuole perdere il ritmo.
Per entrare nel porto, ho dovuto presentarmi da un agente di Long Beach, un americano di origini arabe che si chiama Mehdi Hejazi. La nave su cui avrei trascorso le tre settimane seguenti era ormeggiata sul molo A. L'equipaggio, di 25 uomini, è formato da ufficiali tedeschi e marinai filippini. Della nave non sapevo molto. a parte alcune cifre con cui è facile fare impressione.
La Msc Texas è una portacontainer da 8.200 Teu. L'unita' di misura Teu (twenty foot equivalent unit) indica il numero di container che una nave puo' caricare.


. Qui il passato è vicino. Ma lo è anche il futuro: nei porti della costa occidentale americana si vede chiaramente che la Cina ha oltrepassato la linea d'ombra della storia mondiale e si avvia a occuparne l'area centrale.
Il sismografo di questo cambiamento è la California, il laboratorio in cui il futuro continua a essere reinventato al computer, dove si elabora di tutto, dalla moda del fitness fino al web 2.0. Il Golden State progetta quello che la Cina si limitera' a produrre: dalle scarpe da ginnastica fino all'iPod.
Ma tutti sanno che il Celeste Impero ha aspirazioni piu' alte che essere la fabbrica del mondo. Per questo la sua vertiginosa crescita viene seguita con un misto di fascinazione e di timore.
Nella Cina gli americani riconoscono un rivale che è protagonista di una straordinaria avventura simile alla loro: la rapida ascesa da una condizione umile fino al rango di potenza ammirata e rispettata in tutto il mondo.
Quanto all'Europa, piu' passa il tempo e meno interessa agli Stati Uniti: il vecchio continente è passè, è storia. Il baricentro politico ed economico (presto anche culturale) del pianeta non è piu' la regione atlantica, ma quella del Pacifico.
La rinascita della navigazione sul piu' grande oceano della terra, che fino al settecento era ancora una distesa d'acqua in gran parte inesplorata, ha incollato la Cina agli Stati Uniti. La classica rotta dell'Atlantico settentrionale ha perso importanza: oggi la maggior parte della navigazione mercantile si svolge lungo le coste dell'Asia e, attraverso il Pacifico, in direzione dell'America settentrionale.
Dove fanno rotta le navi, arriva anche il flusso di merci che trasportano : l'economia si sviluppa e spuntano dappertutto citta'. La rotta transpacifica è la via della seta di oggi.
Il porto di Long Beach, vicino Los Angeles, è uno dei piu' importanti scali americani, ma non riesce a stare dietro al potenziamento degli scambi commerciali. Anno dopo anno sono sempre piu' frequenti le navi che salpano e approdano, sempre piu' numerosi i container che vengono scaricati e caricati. Questi enormi scatoloni di lamiera d'acciaio sono l'unita' di misura del commercio globale e forniscono un'esemplificazione della sua diseguaglianza: partono per la Cina vuoti o pieni di carta e rottami metallici da riciclare, e ritornano pieni di tutte le merci che riforniranno i centri commerciali americani,dai giocattoli ai dispositivi elettronici.

mercoledì 24 giugno 2009

. La Msc Texas è l'Arnold Schwarzenegger delle portacontainer. Viste dal ponte, le colossali chiatte del porto di Long Beach sembrano barchette in una vasca da bagno. La nave ha una massa talmente grande che non mi sono neanche accorto quando si è staccata dalla banchina, a cui era ormeggiata con gomene grosse come un braccio, legate a bitte che pesano tonnellate.
Sotto i miei occhi il varco tra la banchina e lo scafo ha cominciato ad allargarsi impercettibilmente, un millimetro dopo l'altro.
Era piacevole stare lassu'. Eravamo in rotta da Long Beach al porto di Oakland, l'ultimo scalo prima della traversata dell'oceano. La gente a bordo dei traghetti e delle imbarcazioni turistiche nella baia di San Francisco ci salutava e faceva suonare le sirene.
Quando mi sono affacciato al parapetto, mi sono sentito come un ragazzino che indossa i pantaloni lunghi per la prima volta.
La Msc Texas si faceva strada con calma solenne in mezzo alla flottiglia di bianche imbarcazioni a vela, costringendole ad allontanarsi come uno sciame di mosche fastidiose.
Quando ha virato per entrare nel porto di Oakland e attraccare, sembrava che navigasse nella melassa: tutto si è svolto al rallentatore con l'aiuto di piloti,rimorchiatori e ormeggiatori, che hanno diretto il nostro colosso nella manovra.
A pieno carico, con la sua massa di 135.530 tonellate,la nave sarebbe capace di travolgere e abbattere un ostacolo all'apparenza insormontabile: i pilastri del Bay bridge di San Francisco insieme all'interstatale 80 e al traffico che ci scorre sopra.
L'idea di questo viaggio mi è venuta mentre, sulla costa del Pacifico , mi godevo quel panorama di cui ormai non posso fare a meno. Nel deserto d'acqua che si apre di fronte alla California si puo' ammirare quello che di solito i maghi vedono nella sfera di cristallo: il passato e il futuro del mondo.
Scogliere selvagge e solitarie, leoni marini, pellicani e balene azzurre si presentano allo spettatore con le stesse sembianze che dovevano avere quando nella regione non c'era ancora traccia di esseri umani: un mondo primordiale, grandioso nella sua indifferente bellezza e nella costanza inplacabile con cui le onde continuano ad abbattersi, da millenni, sulla costa,
IL RISCHIO PETROLIO.
Nonostante tutto, pero', il bilancio di questa iniziativa è piuttosto deludente: "Da due anni escono sempre piu' barche e c'è sempre meno pescato.
Ormai siamo arrivati al sovrasfruttamento", sintetizza un funzionario del parco."Siamo vittime della pesca intensiva che si sviluppa fuori dai limiti del Banc d'Arguin", si difende il capo del villaggio imraguen di Arkeiss, proprietario di otto delle ventiquattro barche che navigano nella zona.
Il sovrasfruttamento non è l'unico pericolo che minaccia il Banc d'Arguin. Da quando è stato trovato il petrolio al largo delle coste della Mauritania, l'amministrazione del parco teme che il governo dia le concessioni per trivellare il fondo marino della zona protetta. Inoltre i responsabili del parco sono preoccupati per la strada asfaltata che passa lì accanto: "La zona diventa facilmente accessibile ai turisti e ai commercianti", spiega uno dei responsabili.
Per fortuna sono riusciti comunque a impedire che il rally Parigi-Dakar, con la sua carovana di auto, camion e moto, arrivasse a disturbare la tranquillita' di questo posto.


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. INDICE DEI VIAGGI:
1°) Papua Nuova Guinea.
2°) Giappone (Penisola di Shiretoko).
3°) Australia (Il treno del deserto).
4°) Serbia (Belgrado).
5°) Mauritania (Riserva Naturale " Banc d'Arguin).
6°) Da San Francisco a Hong Kong in nave.


IL DIARIO DI UN GIORNALISTA SVIZZERO.

Essere a bordo di una nave che sta' per attraversare il piu' grande oceano del mondo da' una sensazione unica. In treno si puo' scendere quando si vuole, e perfino il volo aereo piu' lungo è un balzo in confronto a una traversata del pacifico come quella che stavo per cominciare: ero l'unico passeggero di una nave portacontainer in rotta per la Cina.
POPOLO di PESCATORI.
Questa regione ai margini del mondo continuerebbe a far parte di quei luoghi magici di cui parlano con complicita' i viaggiatori anche se gli uccelli migratori non frequentassero piu' il Blanc d'Arguin. Infatti qui abitano gli imraguen, un popolo affascinante.
Non sono molto numerosi: poco piu' di un migliaio tra uomini e donne Mori sparsi lungo la costa in una decina di minuscoli villaggi di baracche di legno. Da secoli vivono esclusivamente di pesca. Le barche hanno la vela latina ispirata, si dice, a quelle usate nelle isole Canarie, le "lanches".
Anche le donne partecipano al processo di lavorazione del pesce. Sono organizzate in cooperative artigianali: alcune comprano il pesce fresco, lo tagliano in minuscoli filetti messi a seccare per due o tre giorni su reti stese all'aria aperta, prima di sistemarli in sacchetti.
I turisti di passaggio o i nomadi amano molto il pesce secco, che i Mori mangiano immerso nell'olio. Un altro alimento molto apprezzato a Nouakchott, la capitale, è l'estratto di uova secche di bottarga.
Osservare gli imraguen mentre pescano è come andare indietro nel tempo. Quando al largo le barche hanno individuato un banco di pesci, i pescatori si gettano nell'acqua poco profonda con una rete sulla spalla, la aprono e catturano le loro prede. L'operazione dura pochi minuti.
Una o due generazioni fa la tecnica era ancora piu' elaborata: i pescatori fischiavano per attirare verso riva i delfini che a loro volta trascinavano i banchi di cefali- i pesci piu' comuni della zona. Ai pescatori imraguen non rimaneva altro da fare che entrare in acqua e gettare le reti.
E' stata una scelta precisa quella di mantenere invariate le tecniche di pesca. "La pesca è limitata, perchè questa è una zona di crescita e di riproduzione per molte specie che vivono al largo dell'Africa occidentale. Solo gli imraguen sono autorizzati a pescare, ma con le loro barche e con i metodi tradizionali. Alle altre imbarcazioni è vietato l'accesso", spiega il direttore del parco.
Per far rispettare il divieto, il governo ha chiesto la collaborazione della marina militare. Inoltre la costa è sorvegliata giorno e notte da tre radar. Le motovedette inseguono i trasgressori e sequestrano le barche, che saranno restituite solo pagando una grossa somma di denaro. Non è un caso che negli ultimi anni sia diminuito il numero di imbarcazioni straniere che tenta di violare il divieto.
Gli imraguen devono rispettare delle quote di pesca, definite stagione per stagione e specie per specie, con l'amministrazione locale, che in ogni villaggio recluta un controllore. Le barche possono scaricare a terra il pescato solo in presenza del supervisore.

martedì 23 giugno 2009

. MAURITANIA : Riserva Naturale " BANC d'ARGUIN"

Mi sento un po' stupido a non sapere quasi nulla degli uccelli che in questa mattina d'inverno lasciano le isole della costa per cercare da mangiare nelle acque che lentamente si ritirano dopo la bassa marea.
Tra la miriade di uccelli che sfiorano a tutta velocita' la superfice dell'acqua mi piacerebbe distinguere a colpo d'occhio le sterne, i pivieri, le spatole, le pittime, le beccacce, le pantane.
Ma non ci si puo' improvvisare ornitologi, soprattutto al Banc d'Arguin, il paradiso degli uccelli migratori nell'Africa occidentale.
Il Banc d'Arguin è un parco naturale creato negli anni settanta grazie all'ostinazione dell'esploratore Thèodore Monod e dell'ecologo svizzero Luc Hoffman.
Il parco occupa un terzo della costa della Mauritania e si estende su una superficie poco piu' grande della Corsica.Di fronte c'è il mare, alle spalle un deserto di dune di sabbia color ocra.
"E' una zona di una ricchezza eccezionale dal punto di vista ornitologico", spiega Sidi Mohamed Ould Moìne, direttore del parco.
Alcuni specialisti arrivati dai Paesi Bassi garantiscono che qui vengono a svernare quasi 2,5 milioni di uccelli limicoli che, si nutrono di organismi che vivono nel fango.
Da queste parti ci sono anche altre colonie di uccelli di dimensioni maggiori, come i fenicotteri rosa, come i crmorani e i pellicani. Tutti si nutrono di pesci e frequentano le coste della Mauritania.
Sono quasi duecento le specie di uccelli che ogni anno si danno appuntamento tra luglio e marzo in quest'area dell'Africa occidentale. Quando la marea sale si radunano uno accanto all'altro su una decina di spuntoni rocciosi.
La convivenza è chiassosa ma pacifica. Appena l'acqua si ritira, i migratori invadono le spiagge. Gli uccelli si riuniscono qui perchè in questa regione riescono a trovare cibo.
Ogni specie ha le sue abitudini, alcune gia' a febbraio migrano in Spagna, Italia, Francia, Europa del nord e Siberia. Altre invece si dirigono verso est,fino ad arrivare in Medio Oriente. Infine, ci sono quelle che scelgono di fermarsi in Mauritania.
. INDICE DEI VIAGGI:
1°) Papua Nuova Guinea.
2°) Giappone ( Penisola di Shiretoko)
3°) Australia ( Il treno del Deserto)
4°) Serbia ( Belgrado)
5°) Mauritania ( Riserva Naturale " Banc d'Arguin)

INFORMAZIONI PRATICHE:

Arrivare e muoversi. Per andare in Mauritania è necessario il visto. Il prezzo di un volo dall'Italia ( Royal Air Maroc, Air France) per Nouakchott parte da 558 euro a/r. Lungo la strada che collega Nouakchott a Nouadhibou partono le piste che arrivano al parco nazionale Banc d'Arguin. Il viaggio in auto dura quattro ore.
Clima. Il periodo migliore per l'osservazione degli uccelli va da ottobre a marzo, quando il clima è piu' mite.
Gita. Per vedere gli uccelli da vicino conviene affittare nei villaggi, a Iwik o a Tessot, la barca tradizionale dei pescatori imraguen. Una barca con marinaio, per sette persone, costa 65 euro. La gita dura almeno sei ore.
Dormire. Nel parco è vietato il campeggio libero, ma ci sono dei camping. Il posto per una tenda da due costa 2 euro.


lunedì 22 giugno 2009

Mia quarta riflessione: Proibirei l'utilizzo di armi a tutti i cittadini per qualsiasi motivo compresa la caccia. Vieterei di possedere coltelli oppure oggetti da taglio purchè non vi sia una giustificazione motivata e qualsiasi oggetto offensivo posseduto senza un giustificato motivo.

. INDICE DEI VIAGGI :
1°) Papua Nuova Guinea
2°) Giappone ( Penisola di Shiretoko )
3°) Australia ( Il treno del deserto )
4°) Serbia ( Belgrado )
5°) Mauritania ( Riserva Naturale " Banc d'Arguin )
. INFORMAZIONI PRATICHE:

Arrivare e muoversi. Per andare in MAURITANIA è necessario il visto. Il prezzo di un volo dall'Italia ( Royal Air Maroc, Air France ) per Nouakchott parte da 558 euro a/r. Lungo la strada che collega Nouakchott a Nouadhibou partono le piste che arrivano al parco nazionale Banc d'Arguin. Il viaggio in auto dura quattro ore.
Clima. Il periodo migliore per l'osservazione degli uccelli va da ottobre a marzo, quando il clima è piu' mite.
Gita. Per vedere gli uccelli da vicino conviene affittare nei villaggi, a Iwik o a Tessot, la barca con marinaio, per sette persone, costa 65 euro. La gita dura almeno sei ore.
Dormire. Nel parco è vietato il parcheggio libero, ma ci sono dei camping. Il posto per una tenda da due costa 2 euro.

giovedì 18 giugno 2009

. IL KARAOKE SULLE CHIATTE.
Belgrado offre altre bellezze, come le chiese ortodosse, dove alla luce tremolante delle candele si possono ammirare gli altari dai toni blu, ocra e dorati. Ho avuto il tempo di vederne solo due: la cattedrale Sveti Sava, che con il suo profilo bizantino e le sue diciotto cupole domina la citta' da Vracar, il quartiere vicino a Stari Grad, e nel viale Kralya Aleksandra,accanto al parlamento nazionale, la Crkva Svetog Marka, una chiesa dedicata a san Marco. La cosa che mi ha colpito di piu' è la varieta' dei materiali usati per la sua costruzione ( bronzo,mattone,legno), insieme alla sua singolare celebrazione di Dio in toni rossi e ocra.
Belgrado è una citta' dove si mescolano la bellezza e l'orrore, il rinnovamento e l'abbandono, il nominabile e l'innominabile. Oltre all'archittetura religiosa mi interessavano le cicatrici dell'oscuro periodo Milosevic. Soprattutto quelle provocate dal bombardamento della Nato del 1999, che ha lasciato segni evidenti sull'edificio della televisione nazionale, vicino a piazza Slavija. L'anno seguente, in ottobre, i cittadini della capitale hanno occupato il parlamento, e ora meta' delle vecchie poltrone dei deputati si trova probabilmente in casa dei privati.
In vari punti della citta' ci sono le targhe che ricordano i lavoratori morti durante le incursioni degli aerei da combattimento della Nato.
Lasciando da parte gli episodi piu' bui e tornando ai prodigi di Belgrado, non si puo' non parlare della gastronomia, frutto, proprio come la storia, di un'identita' che si è formata attraverso una fusione di entita' vecchie e nuove, mai cancellate del tutto. I piatti serbi portano le tracce delle ventisei diverse nazionalita' che compongono il paese: gulash ungherese, kebab turco e diverse specialita' slave, tra cui i burek (le polpette locali) e la pasticceria. E' deliziosa, ma vi obblighera' a controllare il vostro colesterolo per le dodici ore successive. Uu bicchierino di sljivovica (una grappa di ciliege) puo' aiutare a combattere la pesantezza che segue inevitabilmente.
Continuando a esplorare il quartiere di Stari Grad, noto quanto i serbi si appassionino alla contemplazione dei negozi. La vita commerciale ha sostituito quella reale, grazie alla capacita' di sedurre, alla pubblicita' e alle luci delle vetrine. Per l'aperitivo o la cena conviene andare a Skadarlija, nella parte bassa del quartiere, una zona bohèmienne piena di studi di artisti, ristoranti, cabaret, e locali, che fa capire quanto gli abitanti di Belgrado prendano sul serio l'arte di vivere. L'Ima Dana è un buon ristorante, con musica dal vivo durante la degustazione dei piatti tradizionali. Per bere qualcosa si puo' cominciare da una strada lì vicino, Strahinijca Bana e concludere la serata alle splavovi, le chiatte di Belgrado. Le avevo gia' viste lungo il Sava e il Danubio, ma pensavo si trattasse di barche di pescatori. Un cameriere mi ha spiegato che le chiatte sono state trasformate in luoghi di divertimento durante il periodo comunista: era l'unico modo di fuggire al"grande fratello" che vegliava su tutto e tutti. Anche se le chiatte hanno un aspetto orribile e ci si accede solo passando su ponticelli traballanti, l'ambiente è festoso e il divertimento assicurato.
Al Panter c'è il karaoke con la musica dal vivo e all'Anamarija si balla quella specie di pop zingaro che si sente ovunque e sembra uscito da un film di Kusturica. Il resto della notte serba dipende dalla vostra curiosita' e capacita' di fare conoscenze. E non preoccupatevi per la vostra sicurezza: in questo periodo tutto, in Serbia, cospira per scacciare l'idea di morte.

mercoledì 17 giugno 2009

LA BELLEZZA CAMBIA IL MONDO.
Ogni volta che viaggio mi preparo allo scontro frontale con la diversita'. Viaggiare obbliga a ridefinirsi, a diventare piu' sensibili verso quello che ci circonda, a sviluppare un pensiero e un'estetica alternativi. Il mio albergo è nel quartiere di Stari Grad, centro nevralgico della citta' bianca ( Cosi è chiamata Belgrado).
L'arteria principale è Knez Mihailova, una strada pedonale gremita di persone e negozi alla moda, che si confondono con gli edifici aristocratici costruiti dalle piu' importanti famiglie serbe nell'ottocento. La strada parte da piazza Republike, dove si trovano il teatro e il museo nazionali, e arriva fino alla fortezza di Kalemegdan. Questa fortificazione sorge in mezzo a un parco, una zona molto frequentata nel tempo libero, dove oltre ai normali passanti si ritrovano pattinatori, giocatori di pallacanestro e venditori ambulanti. Merita una visita approfondita soprattutto per l'interminabile serie di veicoli blindati e artiglieria, di tutte le epoche, che porta il visitatore fino a un paesaggio indimenticabile: all'estremo occidentale delle mura si ha una vista spettacolare del fiume Sava, che sfocia nel grande e lento Danubio. Un'esperienza difficile da esprimere a parole, quasi inconscia: in quel momento si avverte con intensa certezza che la bellezza, come diceva Dostoevskij, puo' cambiare il mondo.

martedì 16 giugno 2009

BELGRADO SE LA GODE.
La prima cosa che colpisce della Serbia è la sua orizzontalita'. Dall'aereo, che disegna una curva planando verso l'aereoporto di Belgrado, si vede una pianura che sembra contraddire ogni ragionevole nozione di sfericita' terrestre. Il terreno è diviso in appezzamenti di diverse gradazioni, simili a una coperta patchwork, ed è irrigato dall'imponente e sinuoso Danubio, un fiume transfrontaliero che ormai è quasi piu' una figura letteraria che reale. La seconda cosa che colpisce è la verticalita' della citta'. Ci accoglie una schiera di parallelepipedi grigi tipici dell'architettura sovietica. Palazzi progettati per incutere timore, che ora suscitano solo un'infinita tristezza. La terza impressione, una volta raggiunto il cuore di Belgrado, si riassume in una parola: zigzag.
I viali alberati, le terrazze affollate dei bar, i negozi alla moda, le caffetterie, i centri commerciali e le gallerie d'arte sprigionano un'inattesa vitalita'. Tutto sembra confermare la buona salute di una citta' dopo essersi lasciata alle spalle gli orrori della guerra,ha capito che il modo migliore per essere considerata europea è farsi trascinare dal consumismo.

INDICE DEI VIAGGI: 1°) Papua Nuova Guinea
2°) Giappone ( Penisola di Shiretoko)
3) Australia ( il treno del deserto)
4) Serbia ( Belgrado)
Arrivare: I cittadini dell'Unione europea devono avere il passaporto (la carta didentita' valida per l'espatrio non basta). Tutti gli stranieri devono registrarsi presso l'ufficio di polizia entro 48 ore dall'arrivo. Il prezzo di un volo dall'Italia (Alitalia, Jet Airways,Czech Airlines) per Belgrado parte da 213 euro a/r.
Clima: L'estate è calda e umida, mentre in inverno ci sono abbondanti nevicate.
Gite: La Balon Servis organizza voli in mongolfiera sopra la citta', che durano 60 minuti ( www.balonservis.co.yu/englis). Chi non ama volare puo' fare una gita in battello (snipurl.com/2uffy) lungo i fiumi Sava e Danubio.
Info. Il sito dell'ufficio del turismo di Belgrado ( www.tob.co.yu/eng) fornisce informazioni su alberghi, ristoranti e musei.
MIA TERZA RIFLESSIONE:
L' ACQUA , LA CORRENTE ELETTRICA E L'ASSISTENZA SANITARIA DOVREBBERO ESSERE GRATUITE PER TUTTI.

lunedì 15 giugno 2009

IL CANTIERE INFINITO.
La posa dei binari comincio' nel 1878 e nel 1929 la ferrovia raggiunse Alice Springs.
Poi la mancanza di fondi, causata dalla grande depressione, fermo' i lavori a meta' strada. La citta' di Alice Springs è stata per 75 anni il capolinea del Ghan, tanto che gli abitanti del Territorio del Nord ribattezzarono la linea Never-never line. Fino a una mattina del febbraio 2004, quando il Ghan si è rimesso in marcia per addentrarsi nel nord e arrivare trionfalmente nella nuova stazione di Darwin.
Quel viaggio inaugurale ha segnato la fine di un cantiere interminabile e soprattutto unico: probabilmente questa è una delle ultime ferrovie transcontinentali costruite sul pianeta.
La sera scambio qualche parola con gli altri passeggeri. La cena è servita nel vagone ristorante, arredato in stile anni sessanta. La mattina dopo, al mio risveglio, resto sbalordito dal paesaggio che scorre dietro il finestrino: l'oro dei campi di cereali dell'Australia meridionale ha lasciato il posto all'ocra intenso del deserto centrale. Terra rossa a perdita d'occhio, dune e sporgenze rocciose colonizzate dallo spinifex, una pianta spinosa adattata ai suoli aridi. Alice Springs, nel cuore del massiccio delle MacDonnell ranges, è la prima fermata del treno. La citta' non ha molti motivi d'interesse: è attraversata dal fiume Todd, ormai in secca permanente, e parte della comunita' aborigena è alcolizzata.
Per la maggioranza dei viaggiatori, Alice Springs è solo una tappa, un punto di partenza verso altre destinazioni come il mitico monte Uluru, anche chiamato Ayres rock.
La tappa ad Alice Springs prevede una visita all'Olg Ghan museum, nella vecchia stazione ferroviaria: un piccolo museo dall'aria antiquata e kitsch, con i vagoni del primissimo Ghan che prolungano la senzazione del viaggio nel viaggio. I sedili di cuoio nero, le persiane di legno e le vecchie locomotive trasportano il visitatore negli anni trenta, ai tempi delle prime traversate intercontinentali: viaggi rocamboleschi in cui ritardi e cancellazioni erano all'ordine del giorno. Per mezzo secolo le piene del fiume Finke hanno interrotto regolarmente il tragitto del Ghan. Poi, nel 1974, le ferrovie del Commonwealth hanno deciso di cambiare il tracciato della linea e di mettere dei binari a scartamento piu' largo, in modo da consentire il passaggio dei treni merci. Il vecchio modello del Ghan ha fatto il suo ultimo viaggio nel 1980. Durante il viaggio vediamo sfilare stazioni e scambi, abbandonati e corrosi dal tempo: la vecchia strada ferrata, ormai trasformata in una pista, oggi serve da via d'accesso alle destinazioni piu' remote dell'Outback.
Alle sei di sera, mentre il sole scende su Alice Springs, il Ghan riprende il suo cammino verso il nord tropicale. Con i compagni di viaggio abbiamo formato un microcosmo ferroviario: ci salutiamo e ci osserviamo a vicenda. I passeggeri vengono da Adelaide, Sydney, Melbourne, ma anche dalla Corea, dai Paesi Bassi e dalla Gran Bretagna. Il Ghan è un tipico mito australiano, ma la sua originalita' è senza frontiere.
L'idea di completare la linea di Alice Springs a Darwin è stata rilanciata nel 1997,scatenando un lungo dibattito tra i proprietari dei terreni e gli ingegnieri civili. Il tracciato, lungo 1.420 chilometri, corre in pieno territorio aborigeno: qui ogni albero, ogni formazione minerale, ogni ruscello ha un suo significato secondo il "dreaming," la mitologia aborigena, che spiega la creazione del cosmo e stabilisce uno stretto legame tra gli aborigeni e la natura.
I consigli aborigeni del centro e del nord, insieme all'Autorita' di protezione delle aree aborigene (Aapa), si sono consultati molte volte per stabilire, caso per caso, dove collocare vie d'accesso e passaggi a livello. La posa dei binari è stata autorizzata solo a condizioni molto rigide.
Si avvicina la fine del viaggio. Per l'ultima volta il deserto srotola il suo tappeto rosso. Domani, l'ocra dell'Outback lascera' il posto al verde profondo della vegetazione tropicale del Top End. Le palme sostituiranno lo spinfex e noi ritroveremo il caos della citta'.
Negli scompartimenti nessuno parla. Ancora una volta lasciamo la parola al maestoso silenzio del deserto.

venerdì 12 giugno 2009

IL TRENO DEL DESERTO.
Atmosfera romanzesca, un pizzico di mistero e tre giorni senza contatti con il mondo: le lunghe traversate in treno, come la transiberiana o la transcanadese, hanno un fascino speciale. Sono un viaggio in cui il tragitto conta piu' del punto d'arrivo.Il Ghan non fa eccezzione, anzi offre una dose supplementare di esotismo: il deserto, che per i prossimi tre giorni non ci stancheremo di contemplare dalle nostre cabine lussuose e un po' rètro.
Al fischio del capo stazione, i venti vagoni tirati da due locomotive rosso scintillante si mettono in marcia. I grattacieli di Adelaide sono gia' un ricordo e non vedo l'ora di attraversare l'Outback, l'entroterra desertico australiano: tremila chilometri di savana da percorrere fino a Darwin, la citta' tropicale che ha aspettato per quasi 140 anni l'arrivo del Ghan.
Dopo tanti anni è stato realizzato un sogno: collegare il nord e il sud dell'Australia attraversando il cuore del paese, il deserto.
L'idea di costruire una linea ferroviaria tra Adelaide e Darwin, proposta e abbandonata a piu' riprese, ha ossessionato generazioni di pionieri. Il treno, un tempo chiamato The Afghan Express, segue l'itinerario tracciato a fine ottocento dai Camel trains, carovane di cammelli. A partire dal 1860 furono importati in Australia, per la loro resistenza nel deserto, diecimila cammelli dall'Afganistan e dal nordovest dell'India. Guidati dai cammellieri originari delle stesse terre, erano usati per scopi diversi: nelle miniere, tra i contadini e per il trasporto di merci e passeggeri. Le carovane hanno permesso di esplorare il deserto, contribuendo alla difficile costruzione della linea del Ghan.
Dopo l'apertura della stazione telegrafica di Alice Springs, nel 1872, le autorita' decisero di costruire una nuova linea ferroviaria: avrebbe collegato la costa meridionale del paese a quella settentrionale, permettendo la spedizione delle merci da Darwin verso i mercati asiatici.
INDICE DEI VIAGGI: 1°) PAPUA NUOVA GUINEA.
2°) GIAPPONE ( PENISOLA DI SHIRETOKO ).
3°) AUSTRALIA ( IL TRENO DEL DESERTO ).
Informazioni pratiche: Arrivare. Il visto turistico elettronico (ETA) per l'Australia si puo' fare su internet (www.eta.immi.gov.au) e costa 12 euro.
Il prezzo di un volo dall'Italia (Quantas,Lufthansa, British Airways) per Adelaide parte da 1.530 euro a/r.
Clima. In primavera e in autunno la temperatura è ideale.
Treno. Il Ghan ha i vagoni letto di prima classe, GOLD, e quelli standard. Dal 10 settembre 2008 ci sara' anche la classe PLATINUM, piu' lussuosa. Il treno ha anche scompartimenti con le poltrone reclinabili.
Prezzi. La prima classe costa 1.170 euro, la classe standard 850 euro. La poltrona 420 euro.
Orario. Il treno parte da Adelaide ogni domenica e mercoledì alle 00,20 e arriva tre giorni dopo a Darwin, alle 17,30. (www.gsr.com.au.)

giovedì 11 giugno 2009

AGGRAPPATI AGLI ALBERI.
Masayoschi fa un respiro profondo. E' ai piedi di una collina di trenta metri, dalle pareti ripide che precipitano in un'acqua blu scura. Chiude gli occhi e assapora il primo mattino del mondo."Fai come me. Dobbiamo pregare per entrare in questo territorio". Alza le mani e le unisce, poi, con un lento movimento lascia scivolare le dita verso sinistra e verso destra. Tre volte." Anticamente, ogni volta che un esponente di un clan commetteva una cattiva azione, gli tagliavano un dito", commenta Masayoshi sorridendo."Come vedi, io sono una brava persona". Di nuovo serio, gira il palmo delle mani verso il cielo e le alza tre volte verso il naso, come se volesse gettarsi in faccia dell'acqua."Questo gesto serve per salvare l'anima degli ainu che vivevano su questo chashi", spiega Shigeo.
Cominciamo la scalata della collina. La salita è così scoscesa che per andare avanti dobbiamo aggrapparci agli alberi. Ma ne vale la pena, perchè in cima la vista sulla baia di Shiretoko e sulla catena montuosa che la circonda è incredibile.I buchi circolari che vedi per terra sono le tracce lasciate dalle case. Il buco piu' grande, quello laggiu, doveva essere la casa del capo", spiega Shigeo. I chashi sono degli ex villaggi ainu, ma nessuno sa veramente se prima erano dei centri permanenti." GLI ainu hanno una tradizione orale ed è per questo che molti aspetti del loro stile di vita sono sconosciuti. Pero' sappiamo come facevano la cerimonia del fuoco", racconta Shigeo. Nell'immaginario ainu le entita' del mondo sono delle divinita'. Il fuoco, per esempio, è una vecchia donna alla quale bisogna rivolgere delle preghiere tutti i giorni per fare in modo che non lasci la casa. "Dal nostro punto di vista non sono gli uomini che si servono del loro ambiente naturale, ma è l'ambiente che accetta di offrirsi a loro perchè gli uomini sono sufficentemente puri". La stessa idea si ritrova anche nella pratica della caccia all'orso.
Secondo la tradizione, gli orsi venivano uccisi dentro la loro caverna quando stavano per finire il letargo. Spesso accanto all'animale gli ainu trovavano un cucciolo. In quel caso lo allevavano e gli davano una madre umana, che per due o tre anni lo cresceva come un membro della tribu'. Raggiunta l'eta' adulta l'orso era decapitato, si metteva la sua testa al posto d'onore del banchetto e gli si offrivano i cibi piu' preziosi. In questo modo lo spirito dell'animale poteva tornare in paradiso e raccontare agli altri orsi quanto era stato trattato bene dagli uomini: attirati dalle pietanze prelibate degli uomini, gli orsi tornavano sulla terra e sceglievano un uomo abbastanza puro per farsi uccidere. In altre parole, senza l'orso l'uomo non potrebbe nutrirsi o vestirsi, ma senza gli uomini gli orsi si annoierebbero in paradiso.
Mia seconda riflessione: A CHI COMMETTE QUALSIASI TIPO DI REATO LO CONDANNEREI AD UNA PENA DA SCONTARE FACENDO UN LAVORO.
NATURALMENTE IN BASE ALLA GRAVITA' GLI COMMINEREI UN LAVORO COMMISURATO.

mercoledì 10 giugno 2009

I LUOGHI SACRI.
"Ecco la nostra meta! ", esclama Shigeo Nishihara, la seconda guida, indicando all'orrizzonte un'enorme collina che sembra innalzarsi tra la terra e l'oceano." Quello è un chashi, un luogo sacro per gli ainu. Ce ne sono un po' ovunque nella regione". Solo cinque anni fa Shigeo ignorava tutto degli ainu e dei loro misteri. Era uno studente in scienze naturali, ma ha abbandonato l'universita' dopo aver letto un libro sugli indiani d'America. E' andato negli Stati Uniti per lavorare con le minoranze etniche ma, una volta sul posto, gli indiani lo hanno guardato con sorpresa: non capivano perchè non fosse rimasto ad aiutare gli "indiani" del suo paese. "Sono rimasto a bocca aperta, parlavano degli aiuti di Hokkaido, l'isola dove ho sempre vissuto. Fino ad allora non sapevo che ci fossero ancora dei veri ainu in Giappone", racconta. Sentendo queste parole, Masayoshi lancia uno sguardo divertito a Shigeo."Dei veri ainu!", ripete sorridendo.
Questa testimonianza rivela una realta' di fondo: indipendentemente dalla legislazione nipponica o dalla mentalita' dei giapponesi, gli ainu non esistono quasi piu'. Una politica di assimilazione molto rigida li ha fatti diventare dei personaggi artificiali che abitano nei complessi turistici. La loro cultura, infatti, si è rivelata molto redditizia: si adattava perfettamente all'immagine selvaggia di un'isola che, dall'inizio del novecento, ha sempre attirato molti turisti in cerca di esotismo. Per rispondere a questa domanda, alcuni tour operator giapponesi hanno creato dal nulla dei finti villaggi tradizionali, ad Akan e a Shiraoi. E in questi parchi gli ainu si sono messi a scolpire, ballare e cantare a orari prestabiliti, per il piacere dei turisti. Priva di qualunque significato spirituale, la cultura ainu è diventata un oggetto di distrazione. Un'etnia in agonia: in pochi decenni la popolazione ainu è stata dimezzata da vaiolo, colera e poverta'. Per i sopravvissuti la situazione non era delle migliori: "All'epoca mostrare la propria origine ainu significava esporsi a una forte discriminazione", spiega Etsuko, 63 anni proprietaria di un albergo a Utoro, un piccolo villaggio di Shiretoko. "Era una sorta di tara ereditaria". Questo razzismo ha portato alla rapida scomparsa dell'identita' ainu. Una tendenza che ha cominciato a cambiare negli anni sessanta. Ispirati dai movimenti studenteschi, alcuni giovani ainu si sono messi in cerca delle loro radici e si sono impegnati a far rispettare i loro diritti ancestrali. Di fronte all'indifferenza del governo giapponese sono nati alcuni gruppi terroristici: il 2 marzo 1976 una bomba è esplosa nell'edificio del governo di Hokkaido, causando due morti e 90 feriti.

2 VIAGGIO: GIAPPONE arrivare e muoversi

Arrivare e muoversi.
Per andare in Giappone non occorre il visto. Agli stranieri vengono prese le impronte digitali. Il prezzo di un volo dall'Italia per Sapporo ( British Airways, Jal, Ana) parte da 983 euro a/r. Da Sapporo, per raggiungere la penisola di Shiretoko, si puo' prendere il pullman della Eagle Liner. Il viaggio costa 95 euro a/r. Per prenotare: 0081112310600.
Dormire: All'Ino's place di Sapporo ( http://www.inos-place.com/) si puo' dormire in camerata o in stanza singola. Il prezzo va da 20 a 40 euro a notte. A utoro, l'albergo Shucho-no-ie è gestito da Etsuko, che nel tempo libero studia la lingua ainu. Una camera costa 41 euro a notte.
Escursioni: La Shiretoko indigenous people eco tourism research union (Sipetru) organizza percorsi ecoturistici nei villaggi ainu (www.sipetru.jp).

martedì 9 giugno 2009

2° Viaggio: GIAPPONE - Penisola di Shiretoko . LA TERRA DEI PURI:
Rumori sordi, quelli dei passi nella neve. Due uomini avvolti in larghi mantelli invernali attraversano una pianura immacolata. Vanno verso il mare che costeggia la penisola di Shiretoko, nel nordest dell'isola giapponese di Hokkaido. Questo lembo di terra è stato dichiarato patrimonio mondiale dell'umanita' per la sua vegetazione particolare: montagne a strapiombo sull'0ceano Pacifico, coperte di foreste di conifere interrotte ogni tanto da cascate naturali. Un quadro selvaggio che contrasta fortemente con il paesaggio rurale della maggior parte di Hokkaido.
Uno dei due uomini, Masayoschi Hayasaka, rimette a posto la bandana blu che porta in testa. Come il suo amico, anche lui è giapponese. Eppure non sembra: i suoi capelli sono ricci, il naso è leggermente schiacciato e la pelle è "chiara come il sole". Così gli antropologi descrivevano, ai primi del novecento, la pelle degli ainu,un'etnia che fino alla fine dell'ottocento era molto numerosa nella parte settentrionale di Hokkaido. Masayoschi è uno di loro. "In realta' solo da parte di madre", spiega sorridendo."Ma mi sento ainu solo da poco. Fino a trent'anni ho rinnegato questa parte della mia storia, forse a causa di alcune circostanze: gli ainu del villaggio dove sono cresciuto erano quasi tutti alcolizzati. Gli altri si limitavano a fabbricare souvenir per i turisti. Un tempo non sopportavo chi lavorava per i turisti. Oggi non la penso piu' così.
Oggi Masayoshi è una delle due guide del primo circuito di ecoturismo ainu in Giappone. Il progetto è nato tre anni fa da un'idea di Yugo Ono, professore di giapponese all'universita' di Sapporo, dopo un viaggio tra i maori della Nuova Zelanda.
MIA PRIMA RIFLESSIONE: TUTTI GLI ESSERI UMANI DOVREBBERO POTER VIVERE CON UN TENORE DI VITA AGIATO.
POSSEDERE UNA ABITAZIONE PROPRIA.
UNA ATTIVITA' ASSICURATA.
UNA LIBERTA' DI AZIONI E DI PENSIERI CHE NON DANNEGGINO IL PROSSIMO.
PASSEGGIATA PERICOLOSA
Il centro della citta' è pieno di uffici e di edifici moderni. Qui a Port Moresby arrivano molte persone provenienti dalla periferia: spesso sono donne che vanno in centro a vendere pile di frutta e verdura. La maggior parte degli uomini vaga senza meta, ma nonostante questo l'atmosfera è sempre molto rilassata. Avendo sentito raccontare storie terribili sui "furfanti" che si aggirano per Port Moresby, ho chiesto a molte persone se si sentissero sicure. La risposta piu' frequente me l'ha riassunta Steven: "Per i turisti non ci sono problemi se hanno una guida o se chiedono consigli su dove andare. Di solito qui è tranquillo, ma ci sono posti dov'è meglio non mettere piede, soprattutto la sera". Hideo Kamioka, il titolare della international explorers, ricorda soltanto un caso di turista che ha avuto problemi viaggiando con la sua compagna. "Voleva passeggiare di sera, ma io gli ho ripetuto piu' volte che questa non è una zona sicura. Lui ha voluto fare di testa sua e, siccome non era un bambino, non ho potuto impedirglielo.

Ma quando si è imbattuto in un uomo che l'ha minacciato con un coltello, gli ha dovuto dare venti kina (sei euro)". Gli è andata bene, visto come finiscono di solito le rapine, ma le autorita' preferiscono evitare che un'industria fiorente come il turismo sia rovinata da brutte avventure. In molti edifici della citta' si prendono precauzioni per garantire la sicurezza: alberghi e ville sono circondati da recinti di filo spinato, oltre ad avere le sbarre alle finestre e a essere presidiati da vigilantes. Mentre passeggiavo nel delizioso orto botanico di Port Moresby e visitavo la casa delle orchidee, che espone molte delle tremila specie del paese, non ho potuto fare a meno di notare che una guardia mi seguiva come un'ombra.
Anche nel museo nazionale si respira il fascino che la magia esercita su questo paese. Lo dimostra sopratutto una collezione di figure di spiriti, alcune di grande potenza artistica. Molto illuminante, perchè espressione dell'altra grande forza che domina il mondo, è l'esposizione di monete, che in questo paese erano costituite da gusci, denti di porco o di cane, conchiglie, noci e code di maiale. Oggetti molto piu' interessanti dei nostri dischetti di metallo e delle nostre banconote. In questa citta' non ci si difende solo dalla magia nera, ma anche dalla minaccia piu' moderna dei ladri, chiamati, con un termine un po' antiquato "furfanti". Lo si capisce soprattutto percorrendo la collina sopra la zona commerciale di Port Moresby, dove i ricchi abitano in case circondate da muri sormontati da vetri rotti e reticolati di filo spinato. Una di quelle case era talmente fortificata, con un cancello di metallo protetto da una guardia armata dentro una torretta, da farmi venire il dubbio che fosse una prigione." No, è soltanto la casa di un ricco", mi ha spiegato Steven.
La criminalita' a Port Moresby è diminuita rispetto ad alcuni anni fa, mi dice Tom, ma ci sono ancora problemi legati alle persone che, dai quartieri abusivi della periferia, arrivano in citta' in cerca di lavoro. Poi Tom lancia un sorriso a Steven, che appartiene a questa schiera di "campagnoli". Chi non riesce a trovare lavoro spesso prova a far soldi comprando verdure o noci di betel nei villaggi vicini per piazzarle in citta', oppure acquistando pacchetti di sigarette da rivendere sfuse. Ma c'è anche chi ricorre al crimine.

lunedì 8 giugno 2009

I FURFANTI
Piu' tardi, quando ci fermiamo a Koki, uno dei tanti villaggi intorno alla capitale, dove le case sono costruite su palafitte, Steven mi rivela sottovoce che queste case sono in realta' rifugi contro la magia nera. "Tom non te lo dira' mai, perchè è la sua gente che ha costruito il villaggio. Invece io sono nato sulle montagne e non ho nulla da nascondere". Per intere generazioni, mi spiega, il clan dei motu, che vive lungo la costa, ha litigato con quello dei koiatu,che vive sulle colline circostanti ed è famoso per la conoscenza della magia nera. I motu hanno costruito le loro case sul mare, salvandosi dai koiatu, perchè la magia nera non puo' attraversare le acque".
Anche se Port Moresby si presenta come una citta' moderna, i segni della magia sono ovunque: il parlamento nazionale, progettato dall'architetto neozelandese Cecil Hogan, è costruito su una casa degli spiriti nell'area del fiume sepik.
Sopra il portale d'ingresso spicca un magnifico mosaico che rappresenta diversi aspetti della vita del paese, compresa la figura di uno stregone. La modernita', invece, è simboleggiata da un elicottero e da un pilota con i capelli lunghi. Nell'edificio c'è un totem composto da cinque grandi tronchi intagliati, con figure di spiriti che rappresentano le principali religioni del paese. In bella mostra nel foyer è esposta una stupefacente collezione d'insetti, che comprende la tarma e la farfalla piu' grandi del mondo. Oltre a quello che è forse il piu' grande insetto stecco del pianeta.
Steven, pero' è piu' interessato alle grosse cicale, che, mi assicura, "sono buone da mangiare e hanno un sapore molto dolce". In mostra ci sono anche grossi scarafaggi: anche questi sono buoni da mangiare?"Non per me, ma a qualcuno piacciono", risponde Steven. "Molti trovano buoni anche questi", aggiunge indicando degli enormi cervi volanti.
Vedendo la mia espressione scettica, Tom, il nostro autista, annuisce, confermando il racconto di Steven. "Queste cose succedono spesso. Ci sono molti spiriti potenti che vivono nelle colline e nelle pietre ed è bene non disturbarli". Purtroppo, aggiunge, non sempre le autorita' governative sanno dove abitano gli spiriti locali. E così capita che realizzino opere pubbliche nei posti sbagliati. "Vicino al mio villaggio, non lontano da Port Moresby, hanno provato a spianare una montagna abitata da uno spirito molto potente. Lui si è arrabbiato e ha congelato il bulldozer, che sta ancora lì senza potersi muovere". Poi la montagna l'hanno lasciata stare?", chiedo. "Oh,sì, non l'hanno piu' toccata. Ora sanno che c'è lo spirito", risponde Tom. Anche Tom è un uomo istruito. Quando non accompagna i turisti tiene la contabilita' dell'agenzia di viaggi.E anche per lui questi fantasmi sono una cosa normale. Mentre percorriamo in auto le strade di Port Moresby, i due fanno a gara a raccontare la storia piu' paurosa: alla fine vince quella dello spirito assassino, raccontata da Tom. E' uno spirito che entra nei corpi degli uomini e li spinge a uccidere. "Colpisce spesso?",chiedo. "No, solo qualche volta", risponde Tom, prima di tornare a discutere con Steven dei vari omicidi attribuiti al perfido fantasma.

sabato 6 giugno 2009

L' ISOLA DEGLI SPIRITI
Lungo il ciglio della superstrada che va dal centro di Port Moresby verso il mare spicca un masso grande quanto un'auto. "Lo vedi? Quello è uno spirito di pietra", mi spiega Steven, guidandomi alla scoperta della capitale di Papua Nuova Guinea. A me sembra soltanto una roccia scura. "Quando hanno costruito la strada, si sono accorti che era un blocco troppo duro da spezzare, così l'hanno caricato su un camion, trasportato al porto e poi gettato in mare. Ma il giorno dopo era di nuovo qui. E' successo tre volte: lo buttavano in acqua e la mattina dopo ritornava al suo posto. Alla fine hanno deciso di lasciarcelo".
Steven è una persona colta: oltre alla lingua del suo clan parla anche l'inglese e il giapponese. Ha lasciato le montagne per trasferirsi nella capitale, dove ha trovato lavoro come guida per la Png explorers international. Eppure considera gli spiriti di pietra, la magia nera e altri fenomeni del genere, una cosa assolutamente normale.

venerdì 5 giugno 2009

In questi giorni ho deciso di offrire a chi piace viaggiare (con la fantasia oppure in prima persona) una possibilita' di scegliere degli intinerari prevalentemente avventurosi che si distinguono per la loro diversita' dai viaggi tradizionali.
Le descrizioni le traggo dal settimanale "Internazionale" del quale sono abbonato ed affezionato lettore di tutti gli articoli che lo compongono.
Spero di fare cosa gradita a quanti mi leggeranno ,ed auguro a tutti una piacevole lettura.

mercoledì 3 giugno 2009

Il lavoro va a gonfie vele avendo alcune situazioni favorevoli; tipo l'esclusiva di zona, una quantita' di clientela potenziale ed una societa' con bagget pubblicitari astronomici e formazioni di tecniche di vendita all'avanguardia.
Nel frattempo con mia moglie si era creato un clima di incompatibilita' totale che ci aveva portato ad una separazione definitiva.
Dopo circa un anno incontro la donna che sarebbe diventata la mia seconda moglie. I primi anni lavoriamo insieme e scoprendo che avevamo gli stessi interessi e provando contemporaneamente profondi sentimenti decidemmo di andare a convivere.
Con il passare dei mesi sentimmo il desiderio di intraprendere una attivita' disgiunta dalla mia e che fosse tutta sua. Ci venne così l'idea di produrre bandiere dopo aver fatto ricerche sui produttori italiani e riscontrato che esisteva un mercato insoddisfatto.
Successivamente ci siamo sposati e dopo poco è nato il mio secondo figlio che abbiamo chiamato THOMAS.
All'eta di cinquantasette anni sono andato in pensione ed avendo comperato precedentemente un rustico con parecchi metri quadrati di terreno agricolo mi sono dedicato sia al giardinaggio che alla cura di un orto piuttosto pretenzioso.